sabato 14 maggio 2016

Romanzo rosa - Capitolo 1


Ci siamo! È finalmente arrivato il momento. Ho pensato e ripensato a come avrei potuto parlare di questo libro, cosa dovessi dire. Alla fine mi sono convinta a parlarne mettendo in luce sia gli aspetti profondamente negativi, sia gli aspetti positivi. Ho inoltre deciso di circoscrivere la recensione solamente al primo libro della serie: “La straniera”. I dati sono considerevoli, troppi per riuscire a mettere tutto in un'unica recensione e preferisco
di gran lunga parlare di un pezzo più piccolo, ma facendolo nel modo giusto.
“La straniera” è il primo di una serie lunghissima di libri non ancora conclusasi, iniziata ormai anni orsono dalla scrittrice Diana Gabaldon. Racconta la storia di una crocerossina della seconda guerra mondiale, Claire Randall, che dopo la guerra decide di concedersi una luna di miele col suo maritino Frank, nelle Highlands scozzesi. I coniugi Randall, da sposi novelli, si erano persi di vista appena scoppiata la guerra e una volta finita, i due decidono di riscoprire il loro rapporto attraverso un viaggio, il quale però, li renderà molto più distanti di quanto avessero mai immaginato. Claire, infatti, in una delle sue escursioni a Craigh na Dun, un cerchio di pietre molto simile a Stone Age, attraverserà una spaccatura tra due rocce e viaggerà nel tempo, ritrovandosi nel XVIII secolo, dove incontrerà un altro uomo: James Fraser.
Partiamo con gli aspetti negativi, che anche se vi sembrano pochi, fidatevi, sono metà della storia.
“La straniera” è una storia d’amore, contornata da parecchie descrizioni sull’aspetto sessuale della vita dei due. Punto. Almeno all’inizio, nessuna indagine sull’animo umano, nessuna riflessione profonda sul senso della vita e sul senso della nostra esistenza in questo mondo. Amore e sesso, sesso e amore. Stop. Mi spiace per le fanciulle che amano questo libro e non la pensano allo stesso modo. Anche a me piace, ma qui bisogna dire le cose come stanno. La verità è che il problema non è tanto l’amore, o il sesso: è quello “stop” finale.
Una volta, in una pagina facebook parecchio seguita, avevano chiesto quali letture avremmo consigliato come alternativa migliore a “Cinquanta sfumature di grigio”. Io avevo subito risposto “L’amore ai tempi del colera”, aggiungendo poi che per i lettori meno esigenti “La straniera” sarebbe stata una più che valida alternativa. Una ragazza mi aveva risposto che per lei, questo libro, non era esattamente finalizzato ai lettori meno esigenti. Mi dispiace, mantengo la mia opinione. Primo, perché non mi pare assolutamente il caso di paragonare Marquez a Diana Gabaldon. Secondariamente, perché questo, pur essendo molto coinvolgente, non è un libro che ti porta a riflettere e a crescere come persona. Parla di una bellissima storia d’amore, molto sentita e descritta benissimo, ma non c’è niente di più. Quello è il fulcro di tutto il romanzo e se dovessimo trovare qualcosa d’altro, qualche dramma esistenziale, qualche pensiero filosofico, o robe simili, lo troveremmo ai margini; sullo sfondo. È bene chiarirlo: se lo andassimo a cercare in libreria, probabilmente sarebbe posizionato su QUELLO scaffale. Lo scaffale dei, come li chiamo io, “libri per signore”.
Ora, sarebbe molto facile liquidare qui la faccenda, chiedersi come possa essere possibile che ancora oggi qualcuno scriva dei libri pensati per un solo genere e non per tutti e due, rimanere basiti da queste storie tutte uguali, dove i personaggi hanno tutti le stesse caratteristiche, in una continua diarrea di cliché. Eppure, per “La straniera”, non è così facile come sembra.
Le caratteristiche positive di questa storia ci sono, considerevoli anche! Secondo me si possono riassumere in tre punti fondamentali:
1- Buona scrittura.
Diana Gabaldon non è la prima arrivata; non arriva a quattrocento-cinquecento pagine per libro solo perché usa il carattere venti. Anzi, direi piuttosto che le stampe in circolazione hanno tutte dei caratteri molto piccoli. Cosa infinitamente più importante, ha uno stile molto ricco, poetico, fatto di tante metafore e di un lessico decisamente ben oltre la media. E mica finisce qui! È anche molto ironica.
Ve l’ho detto che non la sopporto? Sarebbe ipoteticamente in grado di scrivere qualsiasi cosa, ma no: lei si dedica alla narrativa al femminile!
2- Ambientazione storica.
Si vede da subito: la scrittrice si è fatta letteralmente un c*lo grande come una casa per descrivere il periodo storico di cui parla, soprattutto la situazione politica, ma anche le usanze, la cultura locale, l’ordine sociale che vigeva in quel preciso luogo e in quel preciso momento. Io, grazie a questo libro, ho imparato tantissime cose sulla storia e la cultura scozzese.
L’attenzione al dettaglio è apprezzatissima e maniacale in ogni parte.
Non risparmia le crudeltà dell’epoca, non indora la pillola, ma anche quando descrive le ambientazioni più semplici e banali che fanno da sfondo alle vicende, è come se fossimo catapultati in quel luogo.
3- Personaggi.
I personaggi, stranamente, non sono dei cliché. Anche il soggetto più marginale (e ce ne sono a iosa) ha almeno una qualità caratteriale abbastanza definita. Oltre all’ambientazione, anche i personaggi godono di precisione e cura. Non abbiamo solo tre, o quattro caratteristiche personali gettate a casaccio sul personaggio, giusto per dare il contentino. Dal primo all’ultimo, tutti i soggetti descritti prendono forma quasi reale, sicuramente realistica, agendo e prendendo posizione precisamente in base a quella che la Gabaldon ha voluto essere la loro natura. Se un personaggio risulta dolce e gentile fin dalla sua prima apparizione sulla scena, quel personaggio rimarrà fedele a sé stesso senza smentirsi. Se un personaggio compie un percorso di crescita, la matrice di quello che è il suo vero carattere rimarrà visibile a dispetto dei cambiamenti, diventando una nuova versione di sé stesso e tuttavia rimanendo comunque sé stesso.
L’eroina di questa storia, Claire, è sicuramente una donna molto più indipendente della media e questo potrebbe risultare un cliché. Eppure la scrittrice da delle spiegazioni ben precise che giustificano tale carattere; delle spiegazioni plausibili, realistiche, che non sembrano campate in aria, ma che sono ragionate. E se Claire se ne intende un po’ di medicina, questo determinerà completamente il suo modo di comportarsi e di rapportarsi agli altri. Arriverà a notare nei suoi interlocutori il loro stato di salute prima di qualsiasi altra cosa, o le loro carenze alimentari, i loro vizi, dimostrando più di una volta il suo occhio clinico.
Il personaggio maschile principale, a sua volta, ha un carattere molto elaborato, forse più di Claire e non è assolutamente banale. Le sue particolarità più banali si riducono all’aspetto fisico – perché un “romanzo per signore” non può avere un protagonista maschile brutto, deve per forza essere un Dio greco – e all’aurea taciturna delle prime pagine, dovuta però alla sua condizione del momento. Per il resto è assolutamente fuori dalle righe. Il personaggio-tipo di questo filone di romanzi, se così si può dire, è un uomo aitante, ricco, infallibile, virile e sciupafemmine. Lui non è per niente così. Bello è bello, ma ho perso il conto di tutti i danni fisici che hanno deturpato il suo corpo negli otto libri che ho letto di questa saga, dal suo primo incontro con Claire, fino ad ora. Non ha uno status sociale definito, quantomeno sicuro. Perde tutti i suoi beni materiali ogni tre per due, passa dall’essere un fuorilegge, a un condannato a morte a un fuggitivo, a un contrabbandiere, finendo quasi sempre in braghe di tela. Oltre a questo, tutto si può dire, ma non che sia infallibile, anzi: direi che subisce tanti di quei soprusi e ingiustizie da poter invogliare il wwf a mobilitarsi per la sua salvezza. È descritto come un uomo molto intelligente, ma impulsivo e che proprio per questo si caccia spesso nei guai, anche se tante altre disgrazie proprio non le ha potute evitare. Con l’andare del tempo, diventa sempre più maturo, pur mantenendo, come ho accennato poco fa, la sua matrice. Sciupafemmine? All’inizio del libro è vergine, quindi lascio giudicare voi.
Ce ne sono tantissimi di personaggi ben descritti, i tratti dei quali non hanno riscontri nel mio bagaglio letterario: Geillis, personaggio estremamente controverso, che emana un’aurea maligna e allo stesso tempo invitante; il silenzioso e fedele Murtagh, o i fratelli MacKenzie, il cui rapporto di odio-amore, invidia-affetto è delineato benissimo, nelle loro azioni prima ancora che nelle loro descrizioni. Devo inoltre ammettere che un antagonista così crudele, sadico, maligno e perverso come Black Jack ancora non l’avevo visto.
Mi piacerebbe vedere questo libro nella sezione di libri d’avventura, ma dubito che capiterà mai. Per ora mi accontento della trasposizione sul piccolo schermo, ad opera di Ronald D. Moore, uno degli sceneggiatori che hanno lavorato a Star Trek e Battlestar Galattica e che ha fatto un lavoro ineccepibile con questa storia, almeno fin’ ora.
Nonostante tutto, nonostante lacune e dubbi, consiglio la lettura di questo romanzo. L’ho già fatto e lo continuerò a fare.
Per il resto vi auguro buona giornata e buon fine settimana.


-Liù

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