sabato 17 giugno 2017

Saggi - Capitolo 3



Buongiorno lettori di passaggio!
Oggi cerchiamo di movimentare un po’ le cose, confondere le acque: parleremo di un saggio, il terzo di cui parliamo su questo blog, in confronto ai 18/19 di letteratura internazionale. Meno addirittura dei Thriller! Ma come mai i saggi non li calcola (quasi) mai nessuno? Secondo la mia personalissima ed inutilissima opinione questo sacrilegio avviene perché si identifica
il saggio come un libro istruttivo, il che di per sé è vero però proprio per questo lo associamo alla scuola e in conseguenza non li leggiamo. Personalmente riesco ad immaginarmi i saggi come opere pesanti anche se sicuramente interessanti. Fortunatamente questo non mi ha mai fermato, soprattutto quando vanno a trattare degli argomenti che risvegliano la mia curiosità.
Questo saggio si intitola “Naturalmente buoni” ed è stato scritto da Frans De Waal, un primatologo olandese, e nonostante sia un’opera del 2001 la ritengo ancora molto attuale. Tratta infatti delle differenze tra uomini e animali. Fondamentalmente il suo obiettivo è cercare di rispondere alla domanda che affligge diverse persone, soprattutto oggi: ma l’uomo è davvero migliore o superiore rispetto agli animali e soprattutto ai nostri parenti stretti, le scimmie antropomorfe. Non credo sia considerabile spoiler affermare fin da ora che la risposta a questa domanda non arriva alla conclusione del saggio, ma questo semplicemente perché non esiste una risposta. Almeno non ancora. Questa è la scienza: porsi delle domande e ricercare le risposte. Tra gli argomenti trattati ci sono chiaramente tutte quelle caratteristiche che noi tutti riteniamo essere prettamente umane: l’essere umanitari, l’empatia, il rispetto nei confronti dei morti, il lutto. Insomma, grandi temi che non possono essere affrontati in maniera esaustiva qui, in un commento ad un saggio e non ho la pretesa di farlo né quella di insegnare qualcosa. Ci tengo però ad esprimervi quali sono state le mie riflessioni al riguardo, tutto quello che il libro mi ha smosso dentro.
Partiamo dalla differenza tra uomo e animale, innegabile ma poco approfondita e per tale motivo in parte esagerata. L’uomo si inserisce sul gradino più alto quando si tratta di animali in quanto ritiene di essere superiore. L’uomo infatti si organizza, ha una cultura, una lingua (e ne impara altre), prova empatia e può essere caritatevole quando si impegna, lavora, studia, cerca le risposte alle domande della vita e si interroga sui problemi che incontra, tentando di trovarvi una soluzione. Gli animali no, loro non parlano, tra loro vige la legge del più forte, del più veloce, ognuno pensa per sé o per il proprio gruppo ristretto con un unico obiettivo nella vita: sopravvivere. Ma come possiamo essere sicuri che sia effettivamente così? Davvero loro non provano emozioni e non sono caritatevoli tra loro? La risposta ci giunge dalla scienza e da uomini come De Waal che si dedicano a questo.
La parte che forse mi ha colpito maggiormente in questo saggio è una foto in cui si ritrae un elefante con un teschio e questa è la didascalia sotto di essa:
“Quindici mesi dopo aver perso la madre, Agatha fa regolarmente ritorno al luogo fatale per rigirare e toccare delicatamente il suo cranio”.
Questo è un elefante, non una scimmia antropomorfa molto simile a noi. Gli animali provano emozioni? Non c’è una risposta ma c’è solo ciò che noi interpretiamo fino a che la scienza non farà qualche altro passo avanti. Io questo lo interpreto come un ricordo, un desiderio di avere accanto qualcuno con la consapevolezza che non c’è, magari che non ci sarà mai più, addirittura. Io credo nel fatto che gli animali soffrano per varie cose, e chi ha un animale sa di cosa parlo: il mio gatto dorme con me quasi ogni notte e quando per qualche motivo non torno a casa a dormire lui dorme appollaiato su una sedia tutta la notte, in attesa del mio ritorno. E quando questo avviene corre subito miagolando da me e mostra una propensione alle coccole maggiore del solito. Ora, chiaramente il mio gatto ha dei problemi perché non è un comportamento tipico dei felini, ma questo vale anche e soprattutto per il cane per esempio. Chi di voi possiede un cane provi a chiudere gli occhi ed immaginare quella volta che avete pensato che il vostro cane fosse felice. O che fosse triste, insomma che stesse provando un’emozione. Sono certa che ciascuno di voi ha subito raggiunto e rivissuto il ricordo.
Nel libro, l’autore parla poi di come gli scienziati come lui operino per osservare cosa avviene nei gruppi di scimmie e riportare così i dati per poter trarre le conclusioni. Sono giunta alla conclusione che io non lo potrei fare, perché non sarei in grado di non intervenire o non stare male quando si verificano episodi violenti, soprattutto quelli nei confronti dei cuccioli. E questo mi ha fatto pensare che noi umani giudichiamo tutto e tutti sulla base dei nostri schemi mentali e interveniamo secondo ciò che noi riteniamo giusto. Questo avviene anche al di là del mondo animale, agiamo così con amici, parenti, sconosciuti: vediamo qualcosa che non va o non ci piace e interveniamo perché  pensiamo che la nostra personalissima opinione sia giusta, o almeno più di quella dell’altro. In realtà queste violenze interne al gruppo hanno uno scopo ed un significato anche se noi non lo vediamo e intervenire andrebbe a minare l’equilibrio del gruppo e la cultura stessa del branco. Quest’ultima è fondamentale perché permette di cambiare e modificare i singoli: è stato fatto un esperimento che ha messo in convivenza due tipi di scimmie differenti: i macachi reso e quelli orsini. I primi sono più aggressivi dei secondi e sono organizzati secondo una gerarchia ed un regolamento molto rigidi, i secondi sono invece tolleranti e dopo una zuffa tendono a riconciliarsi molto più spesso dei primi, con una padronanza di gesti di rassicurazione nettamente superiore. Con la convivenza, per essere sintetici, i reso hanno imparato la tolleranza ma soprattutto la riappacificazione, e una volta tornati con i loro simili hanno mantenuto questa tendenza. Questo mostra come l’ambiente e la cultura influenzino ciascuno di noi e mette anche in chiaro perché bisognerebbe comprenderla e difenderla di più.
L’uomo è un animale sociale, e per quanto si sforzi di allontanarsi dalla comunità ed essere individualista all’ennesima potenza, ha bisogno della società ma soprattutto ha bisogno degli altri. Sono tutti bravi ad essere eroi da soli, ed è vero che le relazioni sono difficili e a volte anche dolorose, ma senza di esse come possiamo sopravvivere? Nel libro si mostra e si parla di come una società individualista sia condannata all’aggressività.
Un’ultima riflessione che ho fatto non è legata direttamente al libro ma più che altro al senso generale e alla  lotta tra onnivori e vegetariani/vegani. Non ho nulla da dire al riguardo perché lo ritengo un tema  controverso e complesso, volevo solo citarlo perché, ripeto, non ho nulla da insegnare, ma stimolare il pensiero e provare punti di vista differenti dai nostri è sempre utile.

Correte dunque a prendere questo libro, in biblioteca o altrove (io l’ho acquistato ad una bancarella di libri usati) e leggetelo. È decisamente interessante e l’autore è preparato e ama il suo lavoro, un’accoppiata decisamente vincente.
-Pearl

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