venerdì 24 maggio 2019

Fantasy - Capitolo 9


Buon venerdì, lettori!
Visto che questa settimana è stata interamente di mia competenza, ho deciso di dedicarla tutta a “Lo Hobbit”. Così, per fare pandant.
Questo straordinario romanzo, capace di fondere eroismo e genuinità quotidiana in un'unica storia, è frutto della fervida immaginazione e delle capacità narrative di J.R.R. Tolkien, il padre del fantasy, proprio come l’ho ri-battezzato nella nostra rubrica mensile dedicata ai film.
Come la maggior parte dei romanzi di Tolkien, anche “Lo Hobbit” è ambientato nella fantastica Terra di Mezzo e vede in Bilbo Baggins un protagonista buono e tranquillo, un hobbit dall’animo gentile e semplice, che come tutti gli hobbit che si rispettino, ha ben poca familiarità con il pericolo e le avventure di qualsivoglia sorta. Ma ben presto, questa piccola creatura della Contea, subirà una trasformazione. Da timorato hobbit a Scassinatore incerto e da Scassinatore incerto a vero e proprio eroe. Bilbo sarà in grado di restituire alla compagnia di nani che l’aveva reclutato, il loro tesoro prezioso, sottrattogli anni e anni prima dal drago Smaug.
La predilezione di Tolkien verso le creature da sé stesso inventate è palpabile. I suoi amati hobbit sono il vero centro nevralgico, punti decisivi per la vittoria del bene sopra il male. Gli hobbit non si rivestono di gloria, ma salvano il mondo, in barba a nani ed elfi che possono certamente vantarsi di maggior slanci coraggiosi, ma  non possono senz’altro fregiarsi di un miglior animo, né di un cuore più puro.
I suoi eroi sono delle creature minute e miti, che l’autore stesso ha scelto di creare in questo modo, solo per scaraventarle poi in una fossa di pericoli e avversità, in cui il destino di tutti dipende da una loro azione ed infine vederli uscire salvi, ammaccati ma vivi, pronti a ricevere dei gesti di gratitudine che a casa, nella loro Contea, non riceveranno mai.
Bilbo non ama il suo ruolo, né di scassinatore né di eroe. Probabilmente preferirebbe restare davanti al fuoco domestico con una buona tazza di te fumante. Ma è la sua nobiltà d’animo a trascinarlo nell’avventura predispostagli da Gandalf, il quale sembra essere l’unico, compreso lo stesso Bilbo, a credere nel suo potenziale. Ma cattive impressioni o meno, Bilbo riuscirà nel suo intento e il percorso lo renderà una nuova persona, o per meglio dire: l’avventura da lui vissuta gli restituirà quella parte di sé stesso fino ad allora sopita o taciuta, ma grazie alla quale sarà capace di apprezzare le cose veramente importanti lasciando perdere le chiacchiere del suo precedente piccolo mondo.
Bilbo, in un certo senso, è un inno alla vita. Una chiara dichiarazione della sua importanza, da apprezzare in ogni attimo e fino all’ultimo respiro, anche nelle piccole cose che sembra non abbiano importanza e che invece possono costituire l’elemento veramente decisivo. Ed è altresì un invito entusiasta ad uscire dalla propria comfort zone per affrontare le proprie paure e diventare la versione migliore di noi stessi.
Sono certa che Tolkien abbia avuto in mente di renderlo un prequel del suo successivo capolavoro “Il Signore degli anelli”. Questo libro spiega in larga parte la situazione di partenza che ci attende con la prima pagina de “La compagnia dell’anello”, ma sono convinta che “Lo Hobbit” resti un libro autosufficiente in tutto e per tutto e che sia capace non solo di viaggiare con le sue sole forze, ma anche di lasciare qualcosa di puro e immacolato al lettore, da conservare per sempre.
Ho già avuto occasione di fare questo discorso, ma ci tengo a ripeterlo: gli hobbit sono eroi che in qualche modo ci tengono a restare vicini al lettore, nei quali egli stesso si può riconoscere; più semplici di quanto vorremmo ammettere, più impacciati di quanto speriamo e che anche loro, e noi con loro, nella nostra minuscola entità, abbiamo il potenziale per fare la differenza. Delle volte siamo addirittura chiamati a farla contro la nostra volontà e quel potenziale che sentiamo mancante siamo costretti a inventarcelo per uscirne vivi. Eppure lo facciamo e Tolkien sembra dirci che consiste in questo la vera dimensione eroica. Non nel titolo, nell’armatura o nella lama, ma nella nostra capacità di tenere botta e rialzarci.
Di tutto si è detto e scritto su J.R.R. Tolkien. E grazie tante! Epiche sono le gesta da lui narrate, ma epica è anche la sua narrativa. Sicuramente critici e cosiddetti esperti avranno creato articoli, saggi e tesi di laurea con i più svariati aneddoti e dati. Per cui so con tremenda sicurezza che non potrò mai ridurre tutto ciò che c’è da dire su questo autore, ne solo su questa opera se è per questo, in poche righe. Sono semplicemente un’accanita e onnivora lettrice che ha apprezzato molto “Lo Hobbit” in passato e ora lo ri-apprezza con rinnovato entusiasmo, certa che questo sapiente mix di gentilezza ed eroismo abbia reso la penna di Tolkien immortale.
Buone letture e alla prossima, miei cari amici!
-Liù

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