venerdì 7 giugno 2019

Il mondo dei manga. Una critica alla critica.



Io avevo anche pensato di pubblicare la recensione di uno dei miei manga preferiti, che più mi stanno a cuore e che ha condito di parecchio sapore la mia adolescenza, ma poi mi sono resa conto che su questo blog non era mai stato fatto un ragionamento sul mondo dei manga e sugli anime giapponesi in generale. Così ho penato che sarebbe stato bello se prima di entrare nello specifico della singola opera a fumetti, avessimo dipinto un quadro generale sul quale potersi, grosso modo, orientare. E quando dico “grosso modo” intendo proprio: “grossolanamente”.
Infatti va da se che, con questo ragionamento, mi rivolgo ai più profani tra i lettori di manga e non certo agli enormi esperti e appassionati che conoscono definizione per definizione, vignetta per vignetta, studio Ghibli per studio Ghibli. Tanto di cappello a loro e grazie che ci siete! Vorrei avere io la loro cultura! Sarei in grado di dare delle specifiche ben precise e da manuale che almeno per adesso non sono di certo capace di dare.
Il ragionamento sul quale volevo concentrarmi, invece, era infinitamente più vago, più legato alla visione che la critica occidentale è solita muovere nei confronti di queste opere, nonché le criticità che io stessa mi sono trovata ad evidenziare nel corso degli anni sui vari fumetti che ho seguito e letto.
Partiamo dal fatto che io parlo per estremi e generalizzo. Considero letteratura qualsiasi tipo di fumetto, graphic novel, o manga che sia. Ok, qui non sto proprio generalizzando: per me non è strano considerarlo in questo modo, è una forma di scrittura fusa con l’arte figurativa; un amabile ibrido che ogni volta mi diverto a scoprire e col quale amo sorprendermi. Tolto questo, a parte le evidenti tipicità stilistiche tra fumetti europei, produzioni marvel americane e occhioni sproporzionatamente grandi giapponesi, non ho le competenze necessarie per individuare le differenze vere e
proprie tra i fumetti canonici e quelli provenienti dall’estremo oriente. Differenze che sicuramente ci sono e che per un qualsiasi artista dedito al suo mestiere saranno anche ben evidenti, ma che per me risultano difficili da esplicitare. Certo, sono in grado di dire quali fanno parte di una categoria e quali di un’altra a colpo d’occhio, ma di certo non sarei in grado di tenerci una conferenza ed essere sicura di ciò che dico. A parte questo e a parte le lettura degli stessi per tutta la mia adolescenza, come anche il fatto che personalmente considero i manga semplicemente come un sotto-insieme dei fumetti, non credo di potermi considerare un esperta per quanto riguarda la terminologia corretta da usare ad ogni occasione. Vi prego, fatevi bastare la mia visione semplicistica.
Il pensiero che avevo in mente a proposito della critica è ovviamente legato all’eredità letteraria dell’occidente, anche in merito ai fumetti. Un’eredità diversa anni luce da quella nipponica e che per questo, spesso e volentieri, considera tantissime tematiche e altrettante trame tipiche dei manga delle situazioni all’estremo, irreali e incomprensibili. Una vera e propria lingua diversa e astrusa che tanta nostra critica non credo comprenda appieno. A mio parere l’incomprensione può anche essere lecita, ma la perenne condanna sulla stessa non molto.
In questo senso la mia generazione si pone certamente in una posizione privilegiata rispetto alle precedenti, grazie soprattutto ai cartoni del pomeriggio e a Cristina D’Avena, che fin da piccoli ci hanno fatto crescere con degli anime che forse non comprendevamo fino in fondo in quanto a tecnica di disegno e di narrazione della storia, ma al cui stile ci siamo sicuramente aperti e in seguito affezionati.

Salti chilometrici da un palazzo all’altro senza una minima storta alla caviglia, concatenazioni di eventi che sembrano legati assieme in modo fin troppo forzato, deus ex machina palesi. Sono solo alcune delle frequenti assurdità che possiamo trovare in un qualsiasi manga e che porrebbero in una pessima posizione, se non addirittura alla gogna, qualsiasi fumetto europeo.
Personalmente ho sempre trovato assurde alcune dinamiche relazionali; monologhi che paventavano profondità filosofiche basati sull’aria fritta. Non c’è verso che ci scampi: per me ci sono tantissime cose legate a questo universo che resteranno sempre assurde.

Tuttavia sono anche consapevole che, in un opera d’arte, non sempre “vero” coincide con “realistico” e che un particolare modo di raccontare può avere più efficacia di un altro.
Sono convinta che la diffidenza e una buona parte delle accuse mosse ai danni di questo mondo a vignette, spesso e volentieri, nascano dal fatto che apparteniamo a due società profondamente diverse tra loro; una proveniente dal pensiero razionale ellenistico e l’altra che con la Polis ateniese non ha mai avuto nulla a che vedere, ma che procede su altre logiche e su altri punti di vista del mondo. Proprio per questo trovo poca obbiettività nel voler giudicare un prodotto artistico su parametri che non hanno nulla a che vedere con quelli che regolano il suo proprio originario contesto, ma che invece calibrano un universo estremamente distante.
Certo, questo non può salvare ogni manga da ogni critica. Mi pare ovvio. Ma sicuramente può frenare tante osservazioni che a parer mio non aggiungono niente di nuovo, figuriamoci stimolare alla riflessione; che poi, la riflessione, sarebbe lo scopo primario di ogni critica artistica. La riflessione, non il dimostrare che ne sappiamo più degli altri. È spesso questo che non mi piace della critica attuale e non solo quella ruotante attorno ai fumetti giapponesi.
Tutto questo ragionamento, insomma, per concludere una semplice cosa: non credo possa avere una qualche utilità o efficacia inquadrare un fumetto proveniente dal mondo manga su degli standard che fino a quel momento hanno sempre guardato da un’altra parte, tanto quanto non sarebbe utile giudicare un delfino nella sua incapacità di produrre uova.
Troverei più interessante confrontare due manga diversi, come ad esempio dei manga che si differenziano per il target. Un confronto tra manga che prevedono un pubblico prettamente maschile e quelli che invece sono indirizzati ad un pubblico in maggioranza femminile. Allora sarebbe sicuramente interessante seguirne i risvolti. Ma per la questione femminista credo che attenderò la nostra rubrica dedicata.
E voi cosa ne pensate? Avete mai letto un manga? È un mondo che vi affascina, o che trovate distante dal vostro modo di vedere le cose? Come lo giudicate, se lo fate?
Sarei curiosa di sapere cosa ne pensate e sperando di avervi incuriosito vi auguro un buon fine settimana!
Alla prossima, lettori!

-Liù

1 commento:

  1. Ciao, piacere Matteo, condivido il fatto che sia sbagliato denigrare il manga a partire dai canoni della società occidentale, secondo cui il fumetto è un prodotto per bambini dove determinate tematiche non dovrebbero essere trattate.

    Se può interessarti ho scritto un Blog in merito a questo argomento, che puoi trovare qui

    https://pedagogiaemanga.blogspot.com/?m=1

    Grazie

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