mercoledì 24 luglio 2019

Mai giudicare un libro dal suo film... e viceversa - Little women


ATTENZIONE!
Avvisiamo i nostri gentili lettori che questa rubrica conterrà spoiler sia sui libri che sui film che verranno trattati. Inoltre ci teniamo a sottolineare che non è una battaglia in cui uno dei due mezzi comunicativi vince sull’altro, ma è un confronto degli aspetti positivi e negativi di ciascuno per cercare di capire se l’adattamento cinematografico ha trasmesso l’idea originaria dell’autore o se invece se ne è discostato per raccontare qualcosa d’altro. Non parliamo di meglio o peggio ma di un confronto alla pari tra due canali comunicativi differenti.

Buona sera bella gente!
Sentivate la mancanza della nostra speciale rubrica mensile dedicata alle trasposizioni filmiche? O più semplicemente vi mancano i fantastici anni ’90? Beh, oggi posso aiutarvi in entrambe le cose.
Prepariamo i pop-corn e facciamo insieme un tuffo nel passato.
Siamo immersi negli anni dell’ombelico in mostra, delle tendine di capelli ingellati sulla faccia, di Britney Spears e delle Spice girls, dei “Cioè” e dei giornalai pieni di riviste imbarazzanti per adolescenti.
Il trash ha radici lontane, amici miei.
Ma in ambito cinematografico devo anche dire che questo decennio è stato proprio capace di far uscire dal cappello magico un sacco di pellicole interessanti e ben fatte, degne delle storie che raccontano e che, in alcuni casi, sono state ispirate da qualche romanzo.
Per quanto riguarda le ambientazioni storiche e i film in costume, negli anni ’90, troviamo delle chicche veramente importanti. Basti pensare a “Shakespeare in love”, o a “Il giardino segreto” e “La piccola principessa”, i quali hanno segnato la mia infanzia in modi che neanche io immaginavo.
Ed è innegabile che ci sia qualcosa, in questo insieme di film, che li accomuna tutti.
Non è facile spiegarlo a parole. I film, si sa, raccontano per immagini. E in ognuno di questi sembra nascondersi lo stesso tratto stilistico tipico del periodo in cui sono stati realizzati; qualcosa che nei film più recenti è andato perdendosi. Una sorta di classe nel raccontare, nel mischiare elementi comici e drammatici in un'unica pellicola, tutto incorniciato da un ricco bottino di scene di spazi aperti, inquadranti la gamma di verdi e rossi più variegata che madre natura è in grado di offrire. Natura in alcuni casi selvaggia e in altri meno, ma sempre ricca e lussureggiante; un quadro impressionista che ben accompagna le vicende dei protagonisti.
Ed è proprio qui che troviamo le “Little women” di Gillian Armstrong, una regista capace di raccontare l’ambiente domestico e tutto femminile della famiglia March, con le sue piccole difficoltà quotidiane e l’ardua impresa del farsi adulte mentre il cuore è lontano, al fronte, a combattere con il padre nordista.
“Little women”, del 1994, segue il cambiamento delle stagioni, quattro come le quattro sorelle e che, proprio come loro, hanno uniche peculiarità.
Mentre crescono, fanno amicizia, superano malattie, litigano e fanno pace, le sorelle March consolidano il loro legame nel vero spirito della sorellanza.
Non penso che si possa aggiungere molto altro: semplicemente è proprio ciò che la Alcott ha inteso comunicare con la sua collana di romanzi e mi è sempre piaciuto il modo in cui questa regista è riuscita a trasporre l’essenza di questa storia.
Ha portato sullo schermo, nella più fedele delle trasposizioni possibili, la vera essenza del romanzo, lasciando parlare un cast ottimamente scelto dove troviamo Winona Ryder perfetta nei panni della ribelle Jo, Claire Danes come dolce e pacata Beth e Kirsten Dunst come quella punta di pepe che ci voleva per rendere al meglio il carattere di Amy.
Il film racconta i primi due libri della collana, di cui io ho letto soltanto il primo, ma la scelta di accorparli in un'unica soluzione sembra una buona idea ed il salto è armonioso. Ci permette di andare oltre lo spazio domestico dove le ragazze hanno mosso i loro primi passi e di osservare le falcate che invece muovono nel mondo, soprattutto Jo, fervente e appassionata scrittrice che pur tentennando non si svende.
La tristezza e l’elemento drammatico ovviamente sono presenti e i bambini della mia generazione guardavano lo straziante abbandono di Beth alla morte accusando il colpo emotivo senza battere ciglio, mentre la regia neanche si faceva troppe domande in proposito. Erano film pensati per tutta la famiglia, quando questa definizione non significava necessariamente “tutto in versione politically correct”, bensì “deve incontrare i gusti di tutta la famiglia” e quindi, insieme all’allegria, ti beccavi anche le bastonate. Soffrivi, ma ti restavano nel cuore, perché avevi l’impressione che sussurrassero una grande verità.
Da piccola ho amato leggere “Piccole donne” e ho anche amato guardarlo sul divano, tifando per Laurie fino alla fine, seppur invano.
È anni dopo che apprezzi maggiormente la scelta di Jo, allora credevi ancora nel sogno utopico ed Amy diventava incomprensibile.
Tuttavia la storia di “Piccole donne” è bella anche per questo e ti ci affezioni subito.
Nell’ottica del prossimo futuro, sarà altrettanto interessante vedere come invece gestirà la cosa Greta Gerwind, alla regia del prossimo riadattamento della Alcott, che vede Emma Watson nei panni di Meg March e Saoirse Ronan in quelli di Jo. Io sono curiosissima e voi?
Un consiglio a proposito di questo film, quello del ’94 per intenderci: lo godrete di più nel periodo invernale, meglio ancora sotto le feste… E sotto le coperte. Quando cadrà la neve vi sembrerà di essere dentro la pellicola. Perfetto.
Sperando di avervi intrattenuto piacevolmente io vi auguro buone letture e soprattutto buona visione.
Alla prossima, miei cari e buon mercoledì!
-Liù

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