mercoledì 11 settembre 2019

Cara Komako - Je suis Lady Oscar


È ormai cosa nota e universalmente riconosciuta che il sessismo ed il maschilismo, in Giappone, non siano da considerarsi semplicemente come delle mere chiacchiere da bar, ma al contrario una realtà conclamata e radicata ben in profondità nella storia e nella cultura del Sol levante.
All’indomani della manomissione dei test d’ingresso alla Tokyo Medical University, “Cara Emmeline” decide di affrontare l’argomento maschilismo in chiave letteraria.
E questa volta, per farlo, ci avvalleremo di un’ospite d’eccezione: Komako Kimura, che non fu solo un’attrice, danzatrice, editrice e manager giapponese, ma anche una fervente suffragetta vissuta a cavallo fra il XIX ed il XX secolo.
Come Komako, anche noi sappiamo infatti molto poco di medicina e proprio come lei abbiamo invece fatto dell’arte e della letteratura in nostri cavalli di battaglia.
Proprio per questo ci sembrava interessante vedere come, attraverso uno dei principali tipi di narrazione nipponica, ovvero il manga, il Giappone ha percepito e percepisce oggi le dinamiche relazionali tra uomo e donna e come affronta la disparità di genere.
Il manga è stato per molto tempo una prerogativa essenzialmente maschile. Le donne non potevano adoperarsi come disegnatrici e mi pare abbastanza chiaro che oggi, la cosa, è drasticamente cambiata. Se pensate che basti questo, per giungere alla piena parità fra i sessi vi sbagliate di grosso, ma resta comunque un dato significativo rispetto al passato ed è bene gioire di ogni passo avanti fatto, piccolo o grande che sia.

In effetti, se si guarda ai manga shojo, manga realizzati per un pubblico principalmente femminile, si può spesso notare come stereotipi e sessismo possano aver influenzato quel tipo di narrazione, presentandoci quasi sempre due tipologie di protagoniste femmine ben precise.
La prima è eterea, pacata, gentile fino all’esasperazione e dolce fino al diabete; odiare non è nel suo DNA, né tantomeno reagire alle ingiustizie di terzi (si veda alla voce “Fruits Basket”). Con la seconda ci va un pochino meglio, per fortuna. Più energica e decisamente meno Marie Sue, la protagonista dei manga shojo 2.0 è un’inguaribile e solare pasticciona, priva di filtri e che dice sempre ciò che pensa, spesso mettendosi nei guai, ma che alla fine tutti apprezzano per la sua autenticità.
In nessuno dei due casi la protagonista sembra presentare un grande interesse per lo studio o per la carriera. In quasi tutti i casi, la controparte maschile risulta colui che, fra i due, ha maggiori capacità di autocontrollo; quello più diligente e severo.
Non è necessario che vi faccia notare io come questo immaginario, alla lunga, possa essere estremamente debilitante per entrambi i sessi e non solo per il genere femminile.
L’ha detto Chimamanda, l’ha sottolineato Emma Watson, lo specifica Bossy da circa quattro anni e praticamente tutto il canale femminista della quarta ondata su cui stiamo cercando di surfare con non poche difficoltà sottolinea come la disparità di genere influisca negativamente anche sugli uomini.
Abituati a dimostrare costantemente di essere i più forti, di saper badare alla propria famiglia, privati dei propri sentimenti in virtù della squallida e insensata convinzione che “Gli uomini non piangono perché altrimenti dai, cosa sei? Una femminuccia?”, anche il genere maschile risente negativamente degli influssi del maschilismo. Un tipo di società rettasi su queste convinzioni, non può che creare crepe in tutta la struttura e far tremare le fondamenta fino al midollo.
Quindi perché, se il problema influisce sul gruppo sociale nel suo insieme, noi parliamo di maschilismo e non di un più generico problema culturale? Beh, prima di tutto perché è si un problema culturale, ma di genere. Che riguarda, cioè, lo stereotipo dell’uomo perfetto e della donna perfetta in quanto rispettivamente uomo e donna; nella loro essenza di maschio e femmina.
E poi anche perché i paletti di cui parliamo si trovano nei manga shojo, non nei manga destinati ad un pubblico maschile.
Non mi ricordo nessun protagonista maschile che si sia tirato indietro di fronte ad un nemico che aveva tutta la dichiarata intenzione di danneggiarlo, fisicamente o verbalmente che sia. E che questa rinuncia a combattere sia stata considerata positivamente come un grande pregio del suddetto protagonista.
Il personaggio femminile sottomesso, che non reagisce ed è incapace di provare odio per il proprio nemico può essere ammirato ed elogiato, ma Dio ce ne scampi da un personaggio maschile che porge l’altra guancia!

Non mi ricordo che Goku si sia mai tirato indietro di fronte a un combattimento, o sbaglio?
Un piccolo esempio per farvi capire, ma prendiamoci anche il tempo di ringraziare quel sempre apprezzatissimo genio di Akira Toriyama, capace di andare oltre gli stereotipi di genere e creare un personaggio come Bulma, vera donna indipendente, sveglia, umana e autentica; davvero apprezzatissima nel marasma considerato precedentemente e testimone del fatto che non tutto il mondo dei manga è, per fortuna, maschilisticamente monocorde.
Non credo sia un caso che Bulma sia nata da una mano maschile e in un fumetto destinato ad un pubblico principalmente dello stesso sesso.
Come già detto, ci sono da considerare una quantità vergognosa di paletti in più nel contesto delle mangaka donne e dei loro lavori a fumetti, rispetto che per i colleghi maschi. Paletti subdoli, sociali ed inconsci dei quali non sempre si riesce a delinearne il perimetro o la posizione.
Tuttavia è certo che Bulma non è sola, e questo è un dato incredibilmente rassicurante se si pensa alla grande perplessità con cui noi occidentali guardiamo dall’esterno il Giappone. Come se poi, noi europei, fossimo tanto più avanti sulla questione parità.
Proprio per questo mi sembra giusto far presente la grande qualità di esempi che, cominciando ad andare controcorrente fin dagli anni ’80, hanno contribuito a cambiare l’immaginario collettivo di un paese da sempre considerato profondamente sessista e che forse, in questo senso, ha ancora tanta strada da fare.
Ho già parlato del manga “Le situazioni di lui e lei”, dove la protagonista riesce a distanziarsi dai classici personaggi femminili svelando una caratterizzazione più complessa; un carattere vanitoso, a tratti subdolo, vero ed umano, nelle mani di una giovane adolescente che è anche molto brava a scuola e che quindi lascia intuire un grande successo futuro in ambito professionale. E nello stesso manga scopriamo anche un rispettivo partner maschile che pur essendo freddo e schivo come tanti altri, intraprende un percorso doloroso all’interno delle sue ombre, dei suoi più profondi misteri; un percorso di consapevolezza di sé che ci rende spettatori del crollo della sua maschera sociale, dannosa e dura a morire e che costituisce il suo nemico più grande da abbattere.
Mi sembra giusto citare anche “Lady Oscar”, il cui “…padre voleva un maschietto, ma ahimè sei nata tu”. Se di primo acchito potremmo diffidare di questo incipit, è giusto anche ricordare il grande contributo che questo manga, poi diventato famosissimo anime, abbia contribuito a ribaltare le convenzioni sociali, i ruoli di genere e gli stereotipi circa cosa deve o non deve fare la tanto decantata donna perfetta.
Dello stesso avviso è anche “Ranma ½”, che da piccola amavo letteralmente alla follia e che ha sempre portato sullo schermo un ribaltamento delle certezze circa la questione femminile. Basti pensare alle sorelle Tendo, che in questo fumetto ci mostrano alcune differenti tipologie di donne. Non vengono presentate con nessuna connotazione positiva o negativa, bensì con caratteristiche che sono semplici dati di fatto. La maggiore incarna lo stereotipo della brava donna di casa, la secondogenita è un’arrivista incallita e Akane Tendo, una delle figure femminili principali del manga, è un maschiaccio completamente inabile in cucina, ma che in quanto ad arti marziali solo Ranma può battere.
Lei e Ranma-donna sono le due figure femminili più importanti all’interno di questo manga. Molto diverse tra di loro e che sono convinta costituiscano entrambe i due temi principali che l’autrice Rumiko Takahashi vuole affrontare. Akane restituisce alle donne la loro individualità, la loro legittimità a sbagliare, a non essere sempre aggraziate e in ordine; ad essere umane e uniche. Ranma-donna, che potrà pure cambiare nel fisico, ma che caratterialmente resta sempre lo stesso ragazzo orgoglioso e testardo di sempre, suggerisce ed insinua dubbi nelle nostre certezze sull’identità di genere.
In una cultura fortemente selettiva, dove i confini tra “uomo” e “donna” sono delimitati da rette ben marcate e inequivocabili, è bello sapere che sono nate delle figure come Lady Oscar, o come Ranma; a cavallo del confine tra ciò che è considerato maschile e ciò che è considerato femminile. Due figure che mettono in discussione i ruoli di genere, che ribaltano gli stereotipi e lo status quo, che giocano con le definizioni da vocabolario e che così facendo sono in grado di mettere in discussione tutto, permettendo al loro pubblico di mettersi a sua volta in discussione.
“Le situazioni di lui e lei”, “Lady Oscar” e “Ranma ½” sono manga le cui autrici donne hanno saputo dimostrare quanto la discussione sulla parità sia di enorme priorità all’interno della loro cultura, ma anche che la stessa dispone di strumenti estremamente efficaci per migliorare e volgersi ad una rivoluzione estremamente necessaria, al giorno d’oggi. Per rendere ancora più meravigliosa una terra lontana e affascinante, seppur con tutte le sue bizzarre contraddizioni e tutte le sue problematiche, che pur persistono ancora in moltissime altre parti del mondo.
Che dire?
Never surrender, never give up the fight.
-Liù

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