venerdì 6 settembre 2019

Narrativa - Capitolo 18





Buongiorno e bentornati sul blog!
Dopo la pausa estiva torniamo operativi, pronti più che mai ad accogliere e ad affrontare la stagione più bella di tutte: l’autunno.
Oggi, per la prima volta, vi parlo di un libro che ho scelto non tanto per interesse personale quanto perché appartenente ad una classifica, più precisamente quella del premio Strega.
Io e Liù infatti abbiamo pensato che per una volta sarebbe stato carino riuscire a leggere dei libri attuali, in lizza per un premio e parlarne, magari anche prima che il premio venisse assegnato. Poi come tutti voi saprete la vita cambia le carte in tavola e mi ritrovo quindi a parlarvi di “Addio fantasmi” di Nadia Terranova solo a settembre. Ovviamente dopo che il premio è stato già assegnato.
Cosa avevamo in mente di fare? Una volta letti i titoli degli ultimi 12 libri in gara siamo andate a leggerne le trame e abbiamo individuato due/tre libri ciascuna che potevano interessarci. L’intenzione iniziale era di leggerli e recensirli magari in un unico post dedicato al premio Strega, però alla fine io mi sono ritrovata ad averne letto solo uno, che alla fine si è rivelato essere anche uno dei 5 finalisti, mentre gli altri li ho dovuti abbandonare. Almeno per ora.
Il titolo, come accennato poco sopra, è “Addio fantasmi”, e a questo non sarà per nessuno uno spoiler se vi dico che non ha vinto. Pubblicato nel 2018 ad opera di Nadia Terranova, un’autrice non solo di romanzi ma anche di libri per ragazzi e racconti ha raggiunto un grande successo, ottenendo diversi premi e riconoscimenti nonché un contratto per la traduzione in lingua inglese. La scrittrice è stata pubblicata per la prima volta nel 2011 ma da allora si è rivelata molto proficua. Originaria di Messina si è trasferita a Roma dopo gli studi, un po’ come la protagonista del romanzo di cui andiamo a parlare oggi.
Ida torna a Messina, città natia, per aiutare la madre a ristrutturare la casa dove insieme hanno vissuto negli anni dell’infanzia e dell’adolescenza con l’obiettivo di venderla. Ida vive a Roma con il marito e non ha un buon rapporto con la madre, con cui condivide un passato doloroso, di sofferenza e rabbia a causa della scomparsa del padre: egli infatti, depresso da tempo le ha abbandonate un giorno, quando Ida aveva 13 anni, e non è mai tornato, né mai è stato trovato. Qui la protagonista si troverà a dover affrontare i fantasmi del passato, da sempre nascosti sotto una coltre di polvere e mai esplorati o elaborati ma costantemente presenti. Infatti la sua vita è completamente assorbita da questa tragedia.
Dal punto di vista dello stile non ho molto da dire, come sempre, nel senso che la scrittura risulta semplice e chiara, anche la descrizione dei sentimenti e dei pensieri della protagonista sono facilmente comprensibili e sicuramente rende più semplice l’immedesimazione. Azione che però per me è stata molto difficile. È stata molto brava rendere pesante il dolore della protagonista. Nella lettura questa pesantezza si sente in modo anche prepotente e ci sono stati momenti in cui ho dovuto abbandonare la lettura perché mi trascinava in una spirale di tristezza. Se da un lato non ho apprezzato che mi abbia suscitato questo aspetto emotivo, riconosco però la capacità della scrittrice di trasmettere in maniera incisiva un certo stato d’animo.
La protagonista è infatti una donna di mezz’età, che si trascina i traumi del passato, concentrata solo su sé stessa e sul suo dolore, come se al mondo solo lei potesse capire ciò che prova e solo lei potesse soffrire così tanto. E un po’ lo facciamo tutti con i nostri vissuti, ed è normale. Il suo egoismo da un lato è comprensibile in quanto risulta bloccato ai 13 anni, quando il padre se ne è andato senza più fare ritorno, come se l’egoismo tipico di quell’età non avesse avuto l’occasione di evolversi e trasformarsi a causa del trauma. Dall’altro lato però risulta fastidioso, perché asfalta qualsiasi altro personaggio, qualsiasi altro dolore all’interno della storia. Un esempio su tutti sono le liti con la madre, la rabbia ed il rancore che prova nei suoi confronti, incolpandola delle scelte del padre e di non averla salvata. Se tutto questo diventa comprensibile alla luce dei fatti, per una ragazzina di 13 anni, diventa estremamente fastidioso quando questo atteggiamento viene mantenuto da una donna di mezz’età: l’uomo che se ne è andato era comunque il marito di sua madre, quindi anche lei ha sofferto per quanto accaduto.
Sicuramente si vede un concorso di causa nella sofferenza di entrambe, ma il fatto che Ida sia rimasta in qualche modo bloccata all’età di 13 anni mi viene suggerito anche dal momento in cui lei finalmente sblocca il suo egoismo riuscendo a vedere il dolore degli altri al di là del proprio: questo avviene parlando con un ragazzo giovanissimo, Nikos, che le racconta la sua tragedia personale. Tutti ne abbiamo una, e non è possibile dire se una sia peggio dell’altra. Sono dolori diversi, vissuti da persone diverse.
Nikos le dice che gli sconosciuti sono gli unici a cui possono essere raccontate le proprie esperienze, ed infatti fino al quel momento non ho pensato ad altro se non che uno psicologo avrebbe fatto bene ad entrambi: sconosciuto ma con le competenze necessarie a sbloccare in loro qualcosa. Forse lei sarebbe riuscita a superare il suo egoismo anni prima e ad elaborare il lutto. Perché sì, è comunque un lutto. Anche se la persona non è morta, o non se ne ha la certezza in questo caso, quella persona non c’è più e non farà più parte della vita di Ida.
Un personaggio che ho apprezzato e con cui invece mi sono immedesimata subito è l’amica d’infanzia, che le sottolinea e da un lato le sbatte anche in faccia il suo egoismo, richiamandola ai fatti del passato dove anche lei ha sofferto parecchio, ancora una volta si tratta di un dolore diverso ma non per questo inferiore al suo.
Per tutto il romanzo c’è una sorta di altalena emotiva che porta a simpatizzare con Ida per la tragedia vissuta ma allo stesso tempo a volerla scuotere per interrompere il suo atteggiamento un po’ vittimista. Alla fine grazie al racconto di Nikos la protagonista riesce a fare un discorso sulla morte molto bello, che devia dalla visione egoistica che ha tenuto per tutto il libro.
L’ho sentito come un romanzo che trasmette tristezza, che fa sperare in un finale positivo o quanto meno che faccia pensare ad un miglioramento. Il messaggio mi è piaciuto e anche la scrittura l’ho trovata interessante, tuttavia non posso dire che mi sia piaciuto al 100%. Sarà una questione di pancia, sarà che il carattere della protagonista cozza con il mio, sarà che la pesantezza del suo dolore ha richiamato ricordi passati ma non posso dire di averlo apprezzato completamente. Non posso certo però neanche dire che è brutto, quindi ve lo consiglio, perché lo trovo un buon libro, scritto bene. Certo, parla di perdita e sofferenza quindi non vi aspettate gioia e gaudio nella lettura ma trasmette bene il messaggio l’autrice si è prefissata. Almeno per come io ho compreso quel messaggio.
-Pearl

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