venerdì 27 marzo 2020

Narrativa - Capitolo 24


Buon giorno, miei prodi guerrieri!
Eccoci qui a tenervi, come sempre, compagnia!
Raccontateci cosa state leggendo in questo periodo, quale libro vi ha entusiasmato maggiormente, o se invece non riuscite nemmeno a trovare la concentrazione necessaria per dedicarvi a questo amato, solitario passatempo, presi dall’ansia e dalle paure quotidiane.
Ebbene amici, noi speriamo di riuscire a stimolarvi un po’. Quanto meno di portarvi distanti appena il tempo della lettura di una recensione.
Questa settimana parlerò di un titolo abbastanza sensazionalistico, dato il successo ottenuto in tutto il mondo, persino oltre oceano e data la scintillante serie tv ad esso ispirata che qui in patria ha fatto jackpot sulla Rai. La sua fama lo precede ormai di kilometri e kilometri.
Elena Ferrante è ormai un nome conosciuto ovunque, persino Nicole Kidman elogia “L’amica geniale” e io sono più che felice di aggregarmi alla lunga lista di persone che hanno apprezzato questo libro.
“L’amica geniale” è il primo libro di una quadrilogia incentrata su un’amicizia tra due bambine: Lila ed Elena, cresciute fianco a fianco in un povero rione nella periferia di Napoli.
Lila ed Elena sono diverse, tanto nell’aspetto quanto nei caratteri, ma si attirano a vicenda come calamite. Lila che non ha paura di nulla, che cerca i guai come se il suo obbiettivo primario fosse quello di cacciarvisi senza possibilità di uscita ed Elena che nella sua pacatezza, nella sua sensazione di gregarietà a Lila, nella sua finta mediocrità trova la forza di emergere e compiere scelte proprie. Una lo stimolo dell’altra, negativo o positivo che sia, per fare meglio, per essere meglio; per emergere da quel grande e profondo buco nero che è la povertà, fisicamente simboleggiata dal rione dove vivono.
Grazie alle due protagoniste impariamo che, da questa povertà, ci si può allontanare in due modi: per mezzo dei soldi, come suo malgrado sarà costretta a fare Lila e per mezzo dell’istruzione, come volente o nolente farà Elena. Ma se ne andranno mai davvero? Anche mettendo quanta più distanza riusciranno, anche sul gradino più alto in cui giungeranno, non si tratterà forse ancora del gradino più alto dello stesso medesimo rione? Del ramo più distante dalla stessa medesima, umile radice?
Anche da donne, questo elevarsi al di sopra delle proprie umili origini, avrà dei prezzi altissimi.
Grazie a Lila ed Elena impariamo che l’amicizia può nascondere lati oscuri, ombre più nere di altre, che definiscono chi siamo e che tante volte determinano le scelte che compiamo, ancor più di quanto potrebbero fare i momenti scanzonati e le risate.
Lila è una spina nel fianco per Elena ed Elena è motivo di invidia profonda per Lila. E proprio per questo doppio ruolo di amiche-rivali, entrambe cercheranno di migliorare sé stesse, fino a diventare la loro versione più brillante, anche se delle volte sarà solo per il semplice gusto di prevaricare sull’altra.
È agghiacciante, se ci pensiamo, dover riconoscere un grande merito così concepito alle nostre nemesi: quello, cioè, di aver portato a galla la parte più brillante, anzi, più “geniale” di noi e che inoltre non avremmo mai scoperto senza i loro punzecchiamenti e tradimenti profondi.
I fatti raccontati si muovono in una Napoli anni ’60, che resta comunque attualissima. Una Napoli fatta di grandi tradizioni che però intrappolano gli individui nei loro ruoli sociali, che trascinano a fondo come zavorre. E contemporaneamente alle tradizioni ci sono gli anni ’60, dove si avvertono i primi segni di cambiamento, di rivoluzione culturale. Una rivoluzione che, però, viene fatta nei salotti intellettuali, a mente e pancia piene, non nel polveroso rione della plebe. E Lila ed Elena, a cavallo fra questi due mondi, faticano a trovare il loro posto. Vogliono scrollarsi di dosso l’uno e ambiscono disperatamente all’altro, pur senza comprenderlo davvero.
L’io narrante è Elena. Noi vediamo attraverso i suoi occhi. Conosciamo il suo desiderio di ambizione, di essere la più brava, come la sua frustrazione nell’arrivare sempre seconda; ad un passo dal traguardo e mai davvero nel punto giusto.
Attraverso le sue descrizioni, sappiamo da subito che l’omonima autrice, Elena Ferrante, si muove tra le parole agilmente, nell’ambiente che per natura le è proprio: quello della parola scritta. Fin dalle prime pagine, non abbiamo difficoltà a credere che questo libro sia un’opera qualitativamente alta, per le verità che ci mostra sull’uomo e sulla società e per come queste verità vengono esposte: con una tecnica narrativa che salta da un capo all’altro della storia senza difficoltà e senza fare confusione, con periodi che pur essendo privi del superfluo e mirando dritti al punto, possiedono la magica capacità di affascinare chi ascolta la storia; il saper raccontare che è proprio della creatività.
Il primo libro scorre veloce, succulento e avvincente in ogni capitolo, pur nella sua crudeltà, che a volte sfocia in tristezza e che in un modo o nell’altro lascia sempre un fondo amaro.
Finalmente ho avuto il tempo di leggere anch’io questo capolavoro e non vedo l’ora di dirvi cosa ne penso del secondo volume!
Voi avete letto Elena Ferrante? E cosa ne pensate?
Nel frattempo vi auguro buon fine settimana e buone letture!
-Liù

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