lunedì 16 ottobre 2017

Romanzo rosa - Capitolo 7


Buona sera, bella gente!
Eccoci di nuovo qui con la continuazione dell’ultima recensione che ho pubblicato, ossia con il continuo de “La croce di fuoco”. Infatti, “Vessilli di guerra” è il nono volume della saga “La straniera”. Quanto meno è il nono nella versione in lingua italiana.
Ebbene si: anche questa settimana, la nostra zietta Diana ci terrà compagnia con la sua storia trash.

La guerra per l’indipendenza delle Americhe è alle porte e Jamie sta facendo fior fior di doppigiochi. Per ora mantiene la promessa fatta al governatore Tyron in cambio della terra su cui è nato Fraser’s Ridge, ma Jamie sa che prima o dopo dovrà passare dalla parte opposta, dalla parte degli indipendentisti e si sta preparando a ciò.
Il vantaggio di avere una moglie che viene dal futuro è sapere con chi ci si dovrà schierare nella prossima guerra. La prima volta, a Culloden, non è andata molto bene, ma Jamie ha imparato la lezione ed è pronto a fare la parte del traditore per assicurare un futuro alla sua famiglia e alle famiglie che al Ridge si sono affidate a lui.
Ancora brucia la mancanza del giovane Ian, che ha dovuto unirsi ai pellerossa per avere salve le vite di tutti gli altri, soprattutto di Roger, ma quest’ultimo comincia a farsi voler bene dal suocero e piano piano, lui e Brianna, riusciranno a prendere i ritmi di vita settecenteschi. Tutto questo se, ovviamente, non fosse per un piccolo problema di fondo entro il quale inciampa Roger. Caso vuole, infatti, che il nostro giovane eroe incontri per la seconda volta il figlio di Dougal MacKenzie e Geillis Duncan, migrato nelle Americhe con la famiglia e che quest’ultimo sia totalmente intenzionato a togliere la vita al povero Roger. Attraverso uno stratagemma riesce a farlo impiccare, ma non a farlo uccidere. Impossibile, direte voi! E invece, la nostra Diana, attraverso le sue spiegazioni scientifiche, riesce a rendere possibile anche questo. Tra impiccagioni miracolose, ricerche in lungo e in largo di Stephen Bonnet, misteri ancora fissi sul famoso tesoro del Re, morsi di serpente, valanghe di personaggi nuovi, ritorni di personaggi vecchi e stratagemmi bellici, “Vessilli di guerra” si proclama come uno dei volumi più avventurosi dell’intera saga. Per “avventurosi” faccio proprio riferimento ai classici romanzi di avventura, quali: “Il conte di Montecristo”, “I tre moschettieri”, “Le tigri di Mompracem” e chiù più Salgari ha, più ne metta.
La storia d’amore persiste ed è ancora il fulcro dell’intera trama, ma ormai Jamie e Claire hanno dato tutto ciò che dovevano dare e sia qui che in futuro, non ci saranno soprese nella loro storia d’amore. A farsi avanti ora sono personaggi secondari, che nel raro caso non avessero avuto tridimensionalità prima, ora palesano tutta la loro profondità.
Il testimone ancora non passa del tutto, evidentemente la Gabaldon è troppo affezionata ai suoi due protagonisti per relegarli in un angolo, ma qui si è convinti che dovrebbe fare esattamente il contrario: lasciarli perdere e sviluppare tutti gli altri. In parte lo fa e come ho già avuto occasione di dire nella recensione precedente, i risvolti riflessivi e importanti ci sono. Ci sono anche qui, dove il capitolo 35 si rivela essere una bella riflessione sulla scelta del proprio destino. Eppure non convince mai fino in fondo.
Ormai mi sono arresa e l’ho accettato: questa saga è come una dipendenza. Non ci sarà mai un continuo che eguagli il primo libro, ma allo stesso tempo continuo a leggerlo per curiosità e per il piacere di scoprire sempre un risvolto più profondo che all’inizio mancava. Tuttavia, il fatto che il primo libro sia il più completo è certo come il sistema solare. Vero: era semplicemente una storia d’amore e niente di più, ma probabilmente era quella meno viziata e meno forzata. Anche perché, uno dei punti forti di questa storia, almeno per quanto mi riguarda, era la Scozia e ora sembra si siano stabiliti in pianta stabile dall’altra parte dell’Oceano.
Chiariamo: non boccerò del tutto “Vessilli di guerra” e non è di sicuro la parte peggiore della storia, ma è ormai chiaro che si è perso un po’ del sapore iniziale. Va bene così, vengo ripagata con le storie del giovane Ian, di William e John Grey, di Fergus e i personaggi negativi restano sempre di qualità. Chapeau a Stephen Bonnet e alla sua impenitente crudeltà. L’autrice avrà avuto paura che qualche lettore facesse dei paragoni tra lui e il vecchio Randall? E come ha fatto a ottenere un risultato completamene opposto? È in queste cose che apprezzo e do merito alla Gabaldon: perché fondamentalmente, anche se racconta una storia per shampiste, è brava e sa scrivere bene.
Non scordiamo Claire, la quale in un mondo di personaggi femminili deboli e psicologicamente instabili, lei resta una donna forte, indipendente e dal grande sangue freddo, com’è naturale che sia per un medico.
Per ora restiamo così: con la rivoluzione americana alle porte, Bonnet che gironzola e una marea di quesititi ancora senza risposta. Che succederà la prossima volta? Ne avremo ancora per un bel po’, amici miei! Questa è una penna con parecchio inchiostro, nel bene come nel male.
Nel frattempo io vi do la buona notte e vi auguro buon inizio settimana!
Alla prossima, lettori!


-Liù

Nessun commento:

Posta un commento