mercoledì 24 aprile 2019

Mai giudicare un libro dal suo film...e viceversa! - Il ritratto di Dorian Gray




ATTENZIONE!
Avvisiamo i nostri gentili lettori che questa rubrica conterrà spoiler sia sui libri che sui film che verranno trattati. Inoltre ci teniamo a sottolineare che non è una battaglia in cui uno dei due mezzi comunicativi vince sull’altro, ma è un confronto degli aspetti positivi e negativi di ciascuno per cercare di capire se l’adattamento cinematografico ha trasmesso l’idea originaria dell’autore o se invece se ne è discostato per raccontare qualcosa d’altro. Non parliamo di meglio o peggio ma di un confronto alla pari tra due canali comunicativi differenti.



Buongiorno a tutti.
Oggi, per la nostra amatissima rubrica di confronto tra letteratura e cinematografia, ci dedichiamo ad un grande classico. Noi lo abbiamo letto per la prima volta a scuola, io in terza superiore per la precisione, e siamo sicure che era anche uno dei titoli che anche la vostra professoressa di italiano vi ha imposto o proposto.
Oggi andiamo con “Il ritratto di Dorian Gray” del decantato Oscar Wilde, e lo metteremo a confronto con la trasposizione del 2009 di Oliver Parker intitolata “Dorian Gray”, con protagonisti Ben Barnes e Colin Firth.
Ma partiamo in direttissima con il libro. Sono tenuta però ad avvisarvi che in questo post saranno presenti spoiler, perché parliamo di cosa avviene nel libro e nel film. Alla fine questa rubrica spesso è tutto uno spoiler unico, però non è colpa sua, senza spoilerare forse avrebbe poco senso. O meglio ancora non mi sentirei di aver approfondito a sufficienza senza spoiler.

IL LIBRO
Ho riletto il libro dopo anni proprio per potermi dedicare a questo post. Diciamo che la mia memoria in termini di trame lette sia proprio il mio forte, quindi salvo tre o quattro elementi fissi non ricordavo molto. Mi era stata regalata qualche anno fa, almeno 5 o 6 , una edizione dell’opera di Wilde. Un’edizione decisamente trash per i miei gusti in realtà,  ma ad un regalo non si può dire di no, soprattutto se tanto lo si deve semplicemente leggere. Certo dovessi trovare un’edizione migliore mollare questa, ma per ora ci accontentiamo.
La scrittura di Oscar Wilde è sempre piacevole da leggere, non risulta complessa da capire e contiene la giusta dose di dettagli che permettono di immaginare la scena nella sua completezza. Ho apprezzato alcuni piccoli passaggi che riuscivano ad enfatizzare il momento descritto pur ponendo l’attenzione su qualcosa che non era direttamente collegato all’avvenimento, come la descrizione di un particolare fiore ad esempio.
Dorian è un ragazzino, che non sa nulla della vita e che si lascia influenzare da un uomo cinico, a cui piace mettersi in mostra e sembrare al di sopra di tutto e di tutti. Inizialmente sembra tenero e gentile, ma con il tempo la sua anima si lascia corrompere dai discorsi dell’amico. C’è un discorso iniziale sull’importanza dello sfogo degli impulsi e sul fatto che non cedere ad essi possa comportare dei problemi in futuro, in particolare si rischia di averne il rimpianto per il resto della vita. Mi ha fatto pensare alla teoria di Freud e all’esistenza dell’inconscio, e considerando che Freud è nato nella metà dell’800 e la prima pubblicazione del romanzo risale al 1890, potrebbe esserci stata una qualche influenza.
Gli altri protagonisti sono Basilicata, il pittore che crea il ritratto, che è invaghito del ragazzo, e Lord Henry, L’Uomo cinico che lo corrompe e lo indirizza verso la perdizione. Sono tra loro in opposizione, perché mentre il secondo è estremamente dissacrante e tende a smontare qualsiasi credenza o opinione degli altri, il primo ha dei fermi principi morali su cui non transige in alcun modo. Nella mia mente, ad un certo punto, hanno assunto il ruolo dell’angelo e del diavolo che spesso si manifestano nei cartoni animati quando il protagonista deve prendere una decisione. Non riesco a capire se Lord Henry si diverte a fare del male agli altri o se non se ne preoccupi affatto. Certo nessuna delle due opzioni esclude che sia veramente convinto di ciò che fa o dice. È incredibilmente un personaggio che piace, e ciò perché egli giustifica, solleva il protagonista dalle responsabilità e non lo fa sentire in colpa, quando questo avrebbe potuto creare in lui una certa coscienza.
Basil è invece probabilmente l’unico amico che il protagonista abbia, l’unico che davvero gli voleva bene e voleva per lui il meglio e la felicità. Ma a lui Dorian non dà ascolto, perché non ha il fascino dall’altro. Ed è proprio lui la svolta del romanzo, quando un Dorian 48 enne lo uccide in un momento di rabbia: Basil infatti lo mette di fronte alla realtà, di fronte ai suoi errori e lo invita, con l’attore che più di ogni altro indica l’amore, a pregare insieme per la sua anima. Basil vuole salvarlo, vuole che si penta, nonostante le atrocità fatte e il dolore causato, cerca ancora di aiutarlo. Questo è il punto di svolta per Dorian perché da lì sarà tutto un declino verso la dannazione e perderà ogni possibilità di redenzione.

IL FILM
Anno 2009, cavalca l’onda della fama del protagonista, Ben Barnes, reduce dal successo dell’interpretazione del principe Caspian nelle cronache di narnia. La trama prende spunto dal libro e il ruolo del giovane Dorian non è reso al meglio dall’attore.  Non ne conosco le doti recitative, perché l’ho visto solo in due occasioni,  ma nonostante lo abbia trovato abbastanza versatile, lo vedevo meglio nella parte del ragazzo ingenuo e nuovo in città piuttosto che nella parte del cattivo. Sembra infatti poco espressivo, ma forse questo era l’effetto che voleva essere passato dal regista.
Colino Firth è sempre magnifico in ogni interpretazione e anche qui, nei panni di Lord Henry non si smentisce. Il personaggio non mi è piaciuto molto, l’ho trovato molto invadente ed allo stesso tempo insistente.
Le musiche sono state interessanti, particolari, con un grande utilizzo di tamburi e borghi,  solitamente non utilizzati dalle star o nei film, a meno che non sia presente una tribù indigena.

IL CONFRONTO
Mi duole dirlo ma purtroppo è un po ’ impietoso perché trovo il film molto meno valido del libro. Al di là degli sconvolgimenti di trama, che in alcuni aspetti potevano anche starci, hanno modificato la maggior parte degli avvenimenti: Basil viene ucciso quando Dorian ha 48 anni, mentre nel film un anno dopo aver realizzato il ritratto. Ma non è tutto, perché mentre nel libro Wilde non parla mai apertamente delle azioni deplorevoli e cattive che Dorian compie, nel film sembra tutto legato esclusivamente al sesso. Viene rappresentato come una sorta di ninfomane.
E se mentre il protagonista non incarna perfettamente la bellezza ultraterrena  che Dorian doveva avere, Lord Henry non è per nulla affascinante, perché è particolarmente insistente e dirige la vita di Dorian con delle regole e delle scommesse, mentre nel libro la sua opera di influenzamento è molto più sottile nonché scaltra.
Inoltre, nel finale, mentre nel libro si redime trafiggendo il quadro perché non ne può più di vivere con addosso il peso dei suoi peccati, e anche perché nell’ultima chiacchierata con l’amico risalta molto al suo occhio che Basil era effettivamente l’unico vero amico che si interessava a lui, nel film di redime solo perché forzato. Si ha avuto qualche momento di debolezza, ma si ferma solo quando viene chiuso nella stanza con il quadro è non ha più possibilità di fuga.

Insomma, a dirla tutta vi consiglio di leggere il libro, mentre il film potete tranquillamente saltarlo. Il filo rosso lo hanno mantenuto, insieme a due o tre cardini, ma tutto il resto è stato stravolto. Ho notato la presenza di alcuni dialoghi presi pari pari dal libro e lì ho apprezzati, nonostante vengano detti da personaggi inesistenti nel libro.
Anche questa volta quindi il punto va al libro, ma fateci sapere la vostra.
-Pearl

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