venerdì 8 dicembre 2017

Romanzo d'avventura/Letteratura francese - Capitolo 2


Ben ritrovati, lettori!
Sulla scia lasciata dal Conte di Montecristo, oggi ho deciso di recensire “I tre moschettieri”; altro romanzo di Dumas, forse il suo più famoso, del quale sono state riportate infinite versioni al cinema e sul piccolo schermo. Che poi queste versioni siano meritevoli o no, quello è tutto un altro paio di maniche, visto che su venti proposte diverse spalmate per circa mezzo
secolo, manco una rispecchia il libro da cui si trae la storia, o almeno per me.
Ebbene si: per quanto mi riguarda possono tranquillamente defenestrare tutte le pellicole pensate fin’ora. Ce ne fosse mezza che rispetti il libro, santo cielo!
Ormai si sa, non sono una grande fissata su queste cose: se non viene tradita l’essenza della storia mi va bene qualsiasi cambiamento, in virtù del fatto che si sta sempre parlando di mezzi comunicativi diversi per cui sono necessarie cose diverse. Tuttavia, qui l’essenza è stata tradita eccome, secondo me, anche di singoli personaggi e la cosa non va affatto bene, cari registi! Non va affatto bene!
È proprio vero che spesso, le storie più conosciute sono anche quelle maggiormente storpiate e modificate e questo conferisce alla signora fama il titolo ufficiale di “arma a doppio taglio”.
Ma partiamo dalle notizie base e poi analizziamo meglio e più approfonditamente questo caposaldo della letteratura francese.
“I tre moschettieri” è il romanzo che ha dato il via alla trilogia comprendente i successivi capitoli di: “Vent’anni dopo” e “Il visconte di Bragelonne”, i quali si conoscono poco e male, spesso con un vago accenno mnemonico a Leonardo Di Caprio ne “La maschera di ferro”, che se non erro dovrebbe rappresentare (malamente) il terzo volume. Non è colpa di Leonarduccio, certo, ma tant’è.
La storia da tutti ricordata è, infatti, quella raccontata nel primo romanzo, ossia “I tre moschettieri”, dove il giovane e fiero guascone D’Artagnan parte alla volta di Parigi, intenzionato a diventare moschettiere del Re. Il sangue caldo e l’inclinazione profondamente orgogliosa del giovane lo portano a scontrarsi con tre moschettieri davvero singolari e che diventeranno i suoi amici per la vita: Athos, Porthos e Aramis. I tre soldati hanno caratteri molto diversi, ma come D’Artagnan sono leali e pronti a tutto pur di difendere i loro amici.
L’antagonista che si palesa subito tale, qui, è il cardinale Richelieu, il quale al contrario di come è stato raccontato nei film, non è spietato e insensibile, ma piuttosto macchiavellico, oltre che invidioso delle capacità militaresche dei moschettieri, tanto da ribadire spesso, nel romanzo, il desiderio che quei valorosi uomini passino sotto il suo comando e che diventino suoi soldati. Ovviamente questo non accadrà mai, dal momento che la fedeltà dei tre moschettieri per il Re è intoccabile e sacra, ma da un’idea almeno accennata di quanto la figura di Richelieu sia stata completamente toppata in ogni trasposizione cinematografica di questo libro. È vero che passano la bellezza di 704 pagine a farsi la guerra, punzecchiarsi verbalmente e col fioretto, mettersi i bastoni fra le ruote e battibeccare, ma è altrettanto vero che aleggia una sorta di rispetto reciproco, fra le due fazioni, sempre saltata a piè pari nei film.
Gli altri due personaggi importanti e dalla dubbia moralità che troviamo nel libro, vestono i panni del Duca di Buckingham, amante segreto della Regina francese, al quale va tutta la mia solidarietà e Milady de Winter, che potremmo definire come una spia senza scrupoli e senza pietà, la quale non ha la minima possibilità di redenzione e che si rivela essere la vera cattiva, crudele antagonista di tutta la storia, ancor più di Richelieu. Altro che dubbia moralità: Milady viene presentata come una donna senza moralità, la cui vicinanza è tossica e velenosa, una donna che non ha aspetti caratteriali positivi, né onore né onestà d’intenti e la cui unica cosa che gioca a suo favore sembra essere lo straordinario fascino che la contraddistingue e che puntualmente viene usato come un mezzo per raggiungere i suoi scopi. Milady è stata probabilmente pensata per incarnare il male e l’indole opportunista, cosa che in nessun film viene minimamente presentata in questi termini. In uno, addirittura, si scopre essere una donna ferita e che, suo malgrado, ha dovuto sopravvivere ad un passato tremendo, per colpa del quale è poi diventata un mostro; un mostro che ha pur sempre possibilità di redenzione. La qual cosa non è minimamente contemplata nel libro e quindi nell’intenzione dell’autore. In questo caso un po’ capisco: Milady è un personaggio un po’ bidimensionale, secondo me, perché pur raccontando del suo passato non si arriva mai a capire le motivazioni che hanno portato questo personaggio ad avere un animo così malvagio, come se cattiva ci fosse nata. Tuttavia la sua sporca figura la fa, dal momento che diventa il capro espiatorio ultimo per gli altri personaggio e su di lei si riversano tutte le colpe per ogni atto riprovevole compiuto nella storia. Inoltre, questa figura da un eccellente contrasto con Costanza, donna molto vicina alla regina e che si innamorerà di D’Artagnan. Costanza sembra rappresentata sempre come pura, leale e gentile, anche se è già sposata e imbastisce una relazione col protagonista, ma verrà uccisa, avvelenata, da Milady.
Dumas non è molto gentile, con le donne, in questo romanzo. Tra la Regina Anna, Milady e Costanza non so chi sia caratterizzata peggio, almeno secondo il mio gusto personale, ma è chiaro fin dalla prima pagina che è una storia pensata non per parlare di amore, bensì di amicizia e ovviamente, anche di lealtà come valore ultimo. Lealtà, ne “I tre moschettieri”, è la parola chiave e ne possiamo vedere svariate sfaccettature. Milady, che resta leale solo a sé stessa, che se può lasciare indietro qualcuno pur di salvarsi la pelle lo fa e che gioca la sua partita da sola, non ha possibilità di vincere. Al contrario, Richelieu, pur perdendo contro i quattro straordinari e valorosi uomini con cui si scontra, resta in piedi e riprende il suo percorso, levandosi il cappello di fronte a chi l’ha battuto e riconoscendolo come meritevole. In quale dei ventimila film realizzati fino ad ora si può vedere tutto ciò? O io non l’ho visto e mie è sfuggito, o non esiste.
Va bene così, lasciate in pace Alexandre Dumas, glie ne avete fatte troppe e su un autore che, a parer mio, avrebbe reso benissimo al cinema. Come ho già accennato nella precedente recensione su “Il Conte di Montecristo”, le storie d’azione non dovrebbero avere grandi difficoltà a incontrare l’approvazione del fruitore e infatti la maggior parte dei film su “I tre moschettieri” hanno anche ricevuto un discreto successo, ma consiglio a tutti coloro a cui sono piaciuti di leggere il libro e rendersi così conto delle considerevoli differenze tralasciate. Non sarete più in grado di guardare quelle pellicole con gli stessi occhi, ve lo garantisco.
Io vi saluto e vi auguro buon ponte dell’8 Dicembre!
Alla prossima e “Tutti per uno e uno per tutti”!


-Liù

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