mercoledì 11 aprile 2018

Cara Emmeline - Donne che corrono coi lupi



Cara Emmeline,
oggi affronteremo un libro che parla delle donne e che è stato definito un grande successo, composto da elementi di poesia, di psicologia e di spiritualità. “Donne che corrono coi lupi” è un’opera della scrittrice e psicanalista junghiana Clarissa Pinkola Estés, pubblicato per la prima volta nel 1992.
È un saggio di poco più di 500 pagine che utilizza le fiabe come strumento per spiegare la psiche femminile e per raccontare della Donna Selvaggia, ovvero la donna che corre coi lupi e che si trova all’interno di ogni donna.

Quello che ho apprezzato molto del libro è il messaggio che vuole mandare, ovvero che ognuna di noi ha dentro di sé la forza psichica che è potente, istintuale e creativa, che permette di creare e di dare la vita ma anche la morte per poi tornare alla vita ancora una volta. Questa forza psichica viene espressa con l’immagine della lupa, che però spesso la cultura  in cui viviamo chiude in una gabbia, la confina e la schiaccia cercando di farla sparire. Esiste, ad esempio, uno stereotipo di donna che deve essere una brava madre e una brava moglie, una bella donna che rientra nei canoni imposti dalla società. Le donne però non sono tutte uguali, e per aderire allo stereotipo culturale sono costrette a ridimensionare il proprio Sé. Questo ridimensionamento porta la donna a soffrire, a reprimere quello che è in realtà per paura delle possibili conseguenze.
Per la salute mentale però è importante essere libere di accettare in primo luogo questa lupa che alberga in noi, ed in un secondo momento dedicarci ad essa e lasciarla libera di esprimersi. Ciò che ci limita è sì la cultura, ma soprattutto quella introiettata e che quindi abbiamo fatto nostra e con la quale abbiamo fino ad oggi colluso, convinte che fosse la cosa migliore da fare. Invece, per stare bene abbiamo bisogno di essere esattamente come siamo ed essere accettate, da noi e dagli altri, con i nostri pregi e i nostri difetti.
Accettarsi è un passaggio molto difficile, per tutti, uomini e donne, fa paura e serve dunque un gran coraggio per mostrarsi al naturale. A volte però le donne sono un po’ più spaventate degli uomini, però abbiamo dentro di noi “La Loba”, la lupa, che rappresenta la forza di ricostruire dalle ceneri, di ritrovare sé stesse; rappresenta la forza di vita e di morte, siamo infatti noi a decidere cosa lasciare andare, cosa ricostruire, cosa abbandonare e cosa modificare. La lupa vive nel nostro inconscio ed è potente, infatti se viene rinchiusa in un angolo monterà in lei una grande voglia di libertà e prima o poi riuscirà ad uscire. Per questo, secondo l’autrice, a volte le persone che pensiamo di conoscere si comportano in modo incomprensibile: come una madre con figli che all’improvviso inizia una relazione con un uomo sconosciuto e se ne va senza dire nulla.

Io credo che tutte noi donne ci siamo ritrovate almeno una volta nella nostra vita negli atteggiamenti e nelle situazioni descritti dall’autrice all’interno del libro.
Questo discorso, secondo me, però, vale per tutti non solo per le donne, è infatti possibile che queste situazioni siano vissute anche dagli uomini. La scrittrice parla solo di donne, ma per esempio, il concetto dell’accettazione di sé stessi anche se non si rientra nello stereotipo vale per tutti.
E ora passerei alle note dolenti di questo libro. Ne ho trovate diverse, ma vorrei sottolineare ancora una volta l’importanza e la positività del messaggio che viene espresso in queste pagine. I problemi maggiori sono due.
Prima di tutto il messaggio viene stressato e ripetuto fino alla nausea per 500 pagine con delle frasi che sembrano esaltare fin troppo la figura della donna a discapito di quella maschile, come se fosse un modo per descrivere le donne come migliori. Il messaggio non è certamente questo, ma alcune frasi sono probabilmente costruite un po’ troppo ambiguamente. Bisogna quindi fare molta attenzione al concetto espresso nel suo insieme. È anche vero che si dice che quando un foglio è stato arrotolato per molto tempo, per raddrizzarlo serve arrotolarlo al contrario. Con questo voglio dire semplicemente che il messaggio è universale, ma che la donna è stata maggiormente oppressa dalla cultura.
Il secondo, e probabilmente il più grande, è la scrittura: l’autrice è troppo prolissa, estremamente artificiosa, utilizza termini psicanalitici che non tutti conoscono e si perde in uno stile simil-poetico che però, a parer mio, stona con il resto del libro. Il problema principale è legato al target, infatti ho fatto questo ragionamento: le donne descritte nel libro, che si trovano schiacciate all’interno dello stereotipo sono nella maggior parte dei casi donne meno istruite, infatti è più facile che siano indipendenti le donne che hanno fatto l’università e con una cultura maggiore. Non è sempre così, di sicuro, ma in linea di massima la proporzione maggiore di donne che avrebbero bisogno di leggere un libro come questo sono quelle con una scarsa istruzione. Mi rendo però conto che un libro scritto in questo modo è estremamente difficile da leggere, soprattutto per chi non ha studiato. A maggior ragione considerando che nel 1992 le donne che facevano o che avevano terminato l’università non erano tantissime. Ancora oggi, pensando a chi potrebbe apprezzare o imparare qualcosa da questo libro, mi vengono in mente molti nomi, di cui solo una piccola parte lo leggerebbe senza problemi.
Io stessa, che ho studiato psicologia, ho fatto fatica a capire alcuni passaggi, probabilmente anche perché la psicanalisi l’abbiamo trattata superficialmente e ancora meno abbiamo trattato Jung. Immaginandomi dunque mia madre o mia nonna che leggono questo libro temo non capirebbero un granché. Non perché loro siano stupide, ma perché questo linguaggio artificioso e complesso è presente soprattutto all’inizio, e questo non invoglia certo il lettore a proseguire. Io mi sono addormentata più di una volta durante la lettura e terminarlo è stato veramente un percorso lungo e faticoso che ha richiesto parecchie energie e parecchio tempo.
Nonostante sia contenta di averlo letto lo consiglio a chi piace il tema e a chi è incuriosito dal titolo, ma sappiate che sarà un po’ complesso. Iniziatelo dunque con la consapevolezza che non è un romanzo da leggere come passatempo.
Sicuramente io per un po’ di tempo non voglio più sentire la parola archetipo, la parola più utilizzata in questo libro.
-Pearl

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