mercoledì 25 aprile 2018

Mai giudicare un libro dal suo film... e viceversa - Novecento


ATTENZIONE!


Avvisiamo i nostri gentili lettori che questa rubrica conterrà spoiler sia sui libri che sui film che verranno trattati. Inoltre ci teniamo a sottolineare che non è una battaglia in cui uno dei due mezzi comunicativi vince sull’altro, ma è un confronto degli aspetti positivi e negativi di ciascuno per cercare di capire se l’adattamento cinematografico ha trasmesso l’idea originaria dell’autore o se invece se ne è discostato per raccontare qualcosa d’altro. Non parliamo di meglio o peggio ma di un confronto alla pari tra due canali comunicativi differenti.


Buongiorno miei cari ragazzi!
Siete pronti per un altro confronto tra il libro e la sua trasposizione in film? Ebbene anche noi! E ogni mese siamo qui per questo!
Questa volta ci tenevo a puntare l’attenzione su una storia che si è aggiudicata moltissima fama, ovvero “Novecento”, di Alessandro Baricco.

Che sia per il film, il quale ha guadagnato un estremo successo, forse addirittura più negli Stati Uniti che in Italia, o che sia per lo scrittore, uno dei più frequenti scrittori italiani apprezzati all’estero, è cosa ardua da definire, ma chissà invece quale sarà delle due opere quella migliore a livello puramente qualitativo? Proviamo ad analizzarlo insieme.

IL LIBRO
La mia recensione del libro, me ne rendo conto, risulta parecchio macchinosa e di difficile comprensione. Sono convinta che i significati nascosti dietro la figura del protagonista sono parecchio contorti, perché come avevo già avuto occasione di scrivere, Novecento non rappresenta un personaggio, quanto piuttosto un’entità, un’idea; un’idea che ribalta completamente uno dei cardini essenziali dell’essere umano: la tendenza all’infinito. Novecento capovolge questa naturale tendenza umana ribadendo, con le sue azioni, che la vita mortale, proprio in quanto tale, ha la capacità di produrre bellezza immortale, infinita. E già qui riparto con i pensieri contorti. Eppure credo che il fulcro di tutta la storia sia qui, in questo ragionamento. Non possiamo guardare Novecento come un essere umano perché è un’idea. Infatti, a confermare il fatto che non è un uomo vero e proprio, lo scopriamo capace di cose straordinarie, come imparare a suonare il pianoforte da solo ed essere in grado di nascondersi senza essere mai trovato. Novecento è un’entità superiore, con la quale non empatizziamo, è alta, si colloca in una sfera superiore ai comuni mortali. È infatti col suo amico Max che ci rapportiamo, è lui che sentiamo più vicino ed è lui il narratore di questa storia. E la storia coincide col suo protagonista: la storia è Novecento, è ciò che lui ha da dire.
La struttura del libro è quella del monologo teatrale e le atmosfere sono quelle del jazz, degli anni ruggenti, dei migranti che arrivano in America con la speranza di essere giunti nella terra promessa. Novecento vede, acuto osservatore dell’umanità, scruta e vive, si lascia passare attraverso la pelle la miseria e la bellezza e le traduce nel solo linguaggio che conosce davvero: la musica.
Le sensazioni ci sono e il lettore le sente, anche se essendo stato pensato come monologo teatrale, si percepisce anche la mancanza di quel qualcosa in più che probabilmente riuscirebbe a dare solo il palcoscenico.
Poi, se vogliamo fare il discorso di “Alessandro Baricco troppo mainstream” siamo anche liberi di farlo, ma per il momento preferisco attenermi alla storia in sé e per sé.




IL FILM
Ancora una volta ci troviamo di fronte a Tim Roth, capace di impersonare Novecento molto meglio di come ha impersonato successivamente il padre di Skunk in “Broken”. C’è anche da dire che il padre di Skunk non è esattamente il protagonista della sua storia e sotto un certo aspetto risulta sicuramente più difficile impersonare una figura marginale anziché il protagonista, con tutto lo spazio che quest’ultimo può avere per mostrarsi e giocare con la sua propria storia.
In ogni caso, il personaggio protagonista me lo immaginavo esattamente così: molto calibrato nelle emozioni, le quali non traspaiono quasi mai, o sono a malapena accennate. Sono stati in grado di dare a Novecento questo aspetto composto, senza renderlo un robot, senza fargli perdere di naturalezza e secondo me è un dato più che positivo.
Al contrario, non posso dire di aver apprezzato granché l’introduzione della ragazza per la quale Novecento si prende una cotta e che nel libro manca completamente. In virtù di quella famosa idea fissa che ho su questo romanzo, trovo illogico e senza senso inserire un aspetto della vita di Novecento così umano come l’innamoramento.

CONFRONTO
Sono convinta che il film abbia tantissime carte a suo favore e che sia per questo che troviamo in lui il principale “vincitore” di questa sfida tra il libro e la sua trasposizione cinematografica.
Il fatto che sia stato pensato per essere recitato è sicuramente uno dei vantaggi, sebbene teatro e cinema non siano per niente la stessa cosa. Eppure uno deriva dall’altro, per cui l’arte di recitare, che permea entrambe queste due versioni della stessa opera, fa sicuramente da base, favorendo il regista allo scrittore.
Altro dato fondamentale: la musica. Musica e soprattutto jazz sono fra gli argomenti principali della storia, presenti quasi quanto il protagonista che a sua volta è un musicista. Niente da togliere alle descrizioni scritte da Baricco, ma in questo caso è decisamente più facile avere un mezzo comunicativo come il cinema, che ha permesso la diretta fruizione della musica, invece che la sua sola descrizione, o la descrizione di cosa dovrebbero suonare in teatro durante la recitazione del tal monologo.
A fronte di ciò e senza nessun rimorso, consacro ufficialmente il film come il migliore, ma facendo però un osservazione che concerne ancora il teatro. È altrettanto certo, infatti, che troveremmo nella trasposizione teatrale la versione migliore mai creata, ne sono sicura. Se poi questa versione verrà portata sul palcoscenico da Marco Paolini, non c’è neanche da discuterne la qualità. Io continuo con questo appello da una vita; con questo e con quello diretto a Baz Luhrmann circa la possibilità che prenda in mano “Il maestro e Margherita” e ne faccia un film. Non perdo le speranze!

Per ora è tutto, vi auguro buon giorno della liberazione e buona visione!
Alla prossima!
-Liù

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