venerdì 11 maggio 2018

Letteratura italiana - Capitolo 5



Buongiorno a tutti cari lettori!
Oggi sono ben decisa a parlare di un classico della nostra letteratura, scritto dall’autore italiano che forse ho più apprezzato in assoluto nel corso dei miei studi.
È dall’esame di letteratura moderna e contemporanea – dove nella gigantesca pila di testi da presentare vi era anche “Le città invisibili” – che volevo dedicarmi maggiormente all’operato di Calvino.

Ecco uno scrittore davvero completo: ironia, profondità e creatività. D’altra parte cos’è la creatività se non la capacità di raccontare storie?
Infatti, negli ultimi mesi, mi sono posta l’obbiettivo di riuscire a leggere qualsiasi cosa sia mai stata pubblicata di Italo Calvino. Ci riuscirò? Per sicurezza non mi sono data un limite di tempo.
Inoltre, ho deciso di iniziare da ciò che credo sia un po’ il prototipo del suo stile: la trilogia de “I nostri antenati”, composta da “Il visconte dimezzato”, “Il barone rampante” e “Il cavaliere inesistente”, che raccontano le caratteristiche dell’uomo contemporaneo secondo Calvino.
I nostri antenati sono questi singolari ed eccentrici personaggi, che compiono scelte insolite e che ci lasciano in eredità una visione del mondo, una prospettiva ottenuta da una posizione particolare e soprattutto una serie di emozioni nelle quali ci possiamo riconoscere.
Oggi vorrei soffermarmi sul primo libro di questa trilogia, ossia “Il visconte dimezzato”, pubblicato nel 1952, ma che risulta attualissimo.
Il visconte Medardo, ferito gravemente in battaglia a causa di un colpo di cannone, viene miracolosamente salvato dai medici del campo, che trovata solamente la parte destra del corpo, decidono di ricucirla e di tenerla in vita da sola. Medardo così mutilato torna a casa, ma con la sola parte malvagia del suo essere, che non fa altro che compiere misfatti e ingiustizie, facendo vivere nel terrore gli abitanti delle sue terre.
A complicare le cose successivamente, soggiunge poi anche la parte sinistra del visconte, ovvero la parte buona, che per quanto possa essere generosa e gentile col prossimo, finisce col creare più danni che altro.
Il tema dell’incompletezza dell’essere umano, della sensazione di sentirsi in difetto, di sentire che manca qualcosa per far si che la nostra identità sia completa, viene affrontato su più livelli e in due diversi modi: sotto l’aspetto più ironico, che riesce a divertirci con certi episodi comici o semi tali e che sott’intende il secondo aspetto, quello più profondo, il quale suggerisce delle grandi verità sulla psiche umana.
Se da un lato il visconte è indiscutibilmente incompleto, la metà esatta di sé stesso anche a livello caratteriale dal momento che si fa coincidere la mutilazione fisica con quella psicologica, è anche vero che la parte rimasta è profondamente convinta di avere la verità dalla sua parte, di aver raggiunto un’epifania e di vedere quindi le cose con maggior chiarezza. Non è così soltanto per la parte cattiva del visconte, ma è lo stesso per la parte buona, che senza peccare intenzionalmente di presunzione vuole fare la morale a tutti gli altri personaggi.
Sia il buono che il cattivo ergono sé stessi al di sopra dei comuni mortali, ponendosi al centro; un centro in cui nessuno dei due potrà effettivamente sentirsi ben bilanciato senza la presenza dell’altro.
I conflitti interiori che attraversano Medardo sono spesso sentiti da chi vive il periodo dell’adolescenza e che da un lato riconosce a sé stesso di non avere ancora un’identità davvero completa, mentre dall’altro resta fortemente e fieramente attaccato alla sua essenza presente, difendendola coraggiosamente nonostante la sua incompletezza.
Questo racconto brevissimo, parla molto di equilibri, di perni e aghi della bilancia. Le due metà di un solo uomo che rimangono cocciutamente in piedi nonostante la fisica e la scienza escludono tale possibilità e che allo stesso tempo non riescono ad essere emotivamente e psicologicamente equilibrate, proprio a causa della loro essenza di metà di un intero.
Non può esiste un soggetto completamente cattivo e un soggetto completamente buono. Se fosse possibile sarebbero due entità squilibrate, per quanto pure. A pareggiare questa situazione è necessario che i due corpi distinti si mischino e si uniscano e che quindi ritrovino nell’equilibrio la logica sulla quale si basa l’intero universo a noi conosciuto.
“Il visconte dimezzato” è un racconto affascinante, brevissimo e che per questo potrebbe essere un buon jolly da giocarsi con i ragazzi che ancora non si sono appassionati alla lettura, ma che avrebbero tutte le carte in regola per poter diventare dei lettori forti.
Presenta uno scenario surreale e volutamente tale; un teatro dell’assurdo in cui la mancanza di realismo è il mezzo più potente per parlare di grandi verità sulla condizione umana contemporanea. Se Calvino avesse fatto il regista, Wes Anderson sarebbe stato il suo degno erede.
Ho veramente apprezzato “Il visconte dimezzato”, sia per quanto riguarda i temi, che lo stile di scrittura e lo consiglio a tutti, perché tutti possono riconoscersi nelle parole di Calvino; tutti possono trovare, nelle verità di questo libro, uno specchio in cui scoprire la propria immagine.
Detto ciò, breve ma densa di significato, io vi lascio e vi auguro buon fine settimana.
Alla prossima, lettori!


-Liù

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