venerdì 9 novembre 2018

Letteratura italiana - Capitolo 8



È verso la verità che corriamo, la penna e io, la verità che aspetto sempre che mi venga incontro, dal fondo d’una pagina bianca.

Buongiorno lettori!
È su queste note che inizio la mia recensione de “Il cavaliere inesistente”, ultimo libro della trilogia “I nostri antenati”, scritto da Italo Calvino nel 1959 e che, come le due opere precedenti, ha l’intento di descrivere le peculiarità dell’uomo moderno.
Attraverso racconti a tratti comici, a tratti irrealistici, a tratti entrambe le cose, Calvino ci ha regalato tre storie importanti e allo stesso tempo leggere: facili da gustarsi, che vanno giù con piacere, sempre nel suo stile unico grazie al quale si contraddistingue non poco nel panorama letterario italiano.
Forse adesso, colui che potrebbe facilmente diventarne il seguace, è da ricercare in Stefano Benni, che con la sua giocosità racconta gioie e dolori del nostro tempo in maniera magistrale.
Adesso posso dire ciò che avevo intuito prima di leggere la storia di Agilulfo: Il Barone rampante è sicuramente quello che tra i tre protagonisti preferisco di più, ma di lui ho già detto a sufficienza nella recensione dedicatagli. Adesso parliamo di questa armatura scintillante, che sta in piedi solo grazie alla forza di volontà e per giunta di qualcuno che, come suggerisce lo stesso titolo, non esiste.
Agilulfo è infatti un Cavaliere che non esiste e che non si può palesare se non grazie alla sua armatura splendente. Non esiste e non si può palesare, ma che riesce comunque ad essere una figura scomodissima nel suo ambiente. Impiegato nell’esercito di Carlo Magno che è pronto a dar battaglia ai mori che avanzano dalla Spagna, Agilulfo è il soldato più pignolo dell’accampamento, antipatico ai più proprio per la sua insistente precisione ed esattezza.
Le battaglie e in generale il sistema organizzativo dello scontro tra i due maestosi eserciti viene raccontato con tutta la derisione che Calvino riesce a trovare e tra un traduttore e l’altro, dispersi per tutto il campo di battaglia nel tentativo di riferire ai soldati gli improperi ricevuti, c’è il soldato Rambaldo, pronto a vendicare la morte di suo padre contro il moro Isoarre.
Rambaldo va in battaglia a causa di una vaga idea di vendetta e finisce per trovare l’amore in Bradamante, soldatessa fiera e capace.
Durante la storia, però, ben altro rapporto risulta essere di grande importanza: quello che si instaura tra il giovane e Agilulfo, il cavaliere inesistente sempre impeccabile e preciso che nessuno può sopportare e che diventerà una sorta di mentore per Rambaldo.
L’inizio dell’opera di Calvino ci presenta questo scenario epico e medievale, ridicolizzato in ogni aspetto che dovrebbe essere solenne, come ad esempio il codice d’onore dei Cavalieri, i quali ottengono il loro cavalierato solo se salvano una vergine in pericolo.
Uno dei temi che emergono maggiormente e di cui si parla più spesso è il tema della morte, che ovviamente viene distinto con cura dal concetto di “non esistenza” cui è affetto Agilulfo. Spesso il discorso viene giocato sulla rotazione di questi argomenti, mente altre volte si preferisce focalizzare il discorso su uno solo dei due temi, che alternandosi e dialogando tra loro, trovano pieno agio in un accampamento militare prossimo alla battaglia. Qui troviamo un Cavaliere che non può morire, né mangiare, né tantomeno dormire, ma che alla fine si dissolve nel aria, in qualcosa che non è come la morte e tuttavia ha con essa aspetti in comune.
I tre racconti di Calvino, ci vengono offerti da tre personaggi marginali, se non addirittura estranei alle storie: un nipote, un fratello e una suora, osservatori attenti di storie che non riguardano loro direttamente, ma che hanno il dovere di riferire e raccontare ai posteri. Se la scelta di questi tre personaggi sia stata motivata da un legame o da altro, io non l’ho capito, devo ammetterlo tristemente, anche se sono convinta che Calvino sappia la risposta. Tuttavia questa scelta, a livello logico e stilistico, penso che fili perfettamente. Perfettamente come il nostro Cavaliere, che non sbaglia di un centimetro, che calcola ogni cosa con precisione matematica e che, per l’appunto, non esiste.
Ovviamente vi consiglio la lettura di quest’opera, soprattutto se siete in una fase di blocco del lettore. La leggerezza e i temi significativi creeranno il giusto mix.
E voi? Avete letto “Il Cavaliere inesistente”? Avete mai letto Calvino all’infuori della scuola? E in ambito scolastico come l’avete vissuto? Sarei curiosa di scoprire le vostre opinioni.
Intanto vi saluto e vi auguro buon weekend!


-Liù

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