lunedì 19 novembre 2018

Zitti tutti, parla Zucca! - Il libro è dell'autore o di chi lo legge?


Una lettera cambia completamente nel momento in cui la infili nella busta. Finisce di essere mia, diventa tua. Quello che volevo dire io è sparito. Resta solo quello che capisci tu.
- Cathleen Schine


Miao a tutti.
Lasciate che vi renda un pochino edotti sulle regole della comunicazione, così, per rendere chiaro proprio a tutti come funziona una comunicazione, sia essa scritta, sia essa detta a voce.
Inizialmente le teorie erano lineari: il messaggio partiva da un mittente e raggiungeva un destinatario, semplicemente. Successivamente si sono trasformate diventando circolari, grazie all’introduzione del feedback, che dal ricevente viene inviato al mittente in risposta al messaggio originario.
Un altro aspetto fondamentale della comunicazione, è che quello che viene detto non corrisponde mai, e dico MAI, a quello che viene effettivamente recepito. C’è sempre una percentuale di errore, e vi basti pensare che questa percentuale esiste addirittura nel passaggio dal cervello alla bocca del mittente stesso. Ciò significa che quello che diciamo non corrisponde mai al 100% a quello che vorremmo effettivamente dire. Potete ora immaginare la complessità della comunicazione. O forse no.
Ad ogni modo oltre alla questione comunicazione, entra in gioco la soggettività: la realtà è sempre soggettiva perché nella nostra lettura del mondo entrano sempre elementi di distorsione soggettivi, che variano da individuo ad individuo, portandoci a vedere in un certo modo, parziale, ciò che ci circonda. Un esempio di ciò sono le vostre emozioni.
Questo concetto è spiegato molto bene nel libro trattato nella rubrica “Cara Emmeline” di mercoledì scorso: “Creiamo cultura insieme” di Irene Facheris.
Immaginate ora di applicare questo concetto all’idea di una comunicazione virtuale, o di una comunicazione in un gruppo grandissimo, dalle dimensioni indicibili, che catalizza tutta la sua attenzione su un unico oggetto… O un’unica opera. Ancor meglio: immaginate che la comunicazione di questo gruppo grandissimo, che data la dimensione non può essere mai fisicamente riunito sempre nello stesso posto, avvenga principalmente su internet.
Ah, quanti straordinari significati si nascondono dietro la parola “fandom”. Quanti timori, quanto potere. Il “fandom”. Questo incredibile gruppo di persone votate ad un unico culto profano, come una saga letteraria o una serie tv… Seriamente, umani: fatevi una vita.
Devo ammettere che però, tutto questo parlare di fandom e di comunicazione, mi riporta alla mente il caro e vecchio dibattito: “L’opera è del suo autore o di chi la legge?” …Beh, forse nel vostro mondo non è un “caro e vecchio dibattito”, ma vi assicuro che in quello felino ci sono state schiere di gatti filosofi che si sono posti questa domanda e hanno cercato di darvi una risposta.
La verità si trova sempre nel mezzo, ma lo spinoso quesito è decisamente più complesso di così.
Fino a quando, insomma, posso rompere le scatole agli altri lamentandomi di che brutta e straziante fine abbia fatto il mio personaggio preferito? Fino a quando è lecito?
La popolarità di un autore, si sa, comporta alcuni fastidiosi oneri insieme agli scintillanti onori che tutti desiderano (come ad esempio la gloria eterna) e se si intende criticare un’opera non si può essere sempre tacciati d’invidia. Tu hai il diritto di scrivere ciò che vuoi e io ho il diritto di criticarlo quanto voglio senza che nessuno venga a rompermi le uova nella ciotola se mi sono permesso di demolire leggermente un’opera che gridava al suicidio già da un po’. Facile, no?
Eppure in alcuni casi, come spesso succede con gli autori impegnati nella creazione di veri e propri mondi, di saghe abbastanza lunghe, magari tradotte in film o serie tv, il fruitore dell’opera diventa quasi una parte attiva nello sviluppo successivo della storia. Ciò che dice, le sue opinioni, diventano molto importanti; in alcuni casi fondamentali.
Che questo sia giusto e sbagliato da un punto di vista etico ha un interesse secondario. Quello che ci interessa davvero è se ciò sia logico o no.
In un primo momento appare abbastanza ovvio che se l’autore si è immaginato una storia ben precisa fin dall’inizio e se fin da subito ha ben in mente come sarebbe andata a finire, avrebbe sicuramente più senso che, a prescindere dai gusti dei lettori, magari anche trascinati dalla moda del momento, l’autore continui per la sua strada senza assecondare il volere di nessuno. Se ci mettessimo a seguire tutte le ship partite dai fan per ogni saga esistente al mondo, credetemi, vivremmo in un bordello che Beautiful levate.
In altre parole, se l’autore sa già come finisce la sua storia, probabilmente, è perché ha bene in mente cosa vuole dire attraverso di essa e se ha bene in mente il finale, è altamente probabile che quel finale custodisca molto del senso globale di tutta la storia, quindi in questo caso non sarebbe giusto alterarlo solo per volere del fandom.
Mi spiego? Vi siete persi? Prestate attenzione, o la prossima volta che vi vedrò insultare lo schermo per la dipartita di una comparsa qualunque in “Game of thrones” vi graffierò la faccia.
Non potete aspettarvi, grande popolo di fruitori, che l’opera che state guardando sia sempre incline ai vostri gusti. Tuttavia, in quanto fruitori, avete il diritto di aspettarvi coerenza.
È molto più facile che si tradisca questa coerenza in una storia a puntate, o comunque molto lunga, visto l’evidente spazio d’azione in cui quella storia può muoversi e infatti sono queste le storie che soffrono maggiormente dei giudizi esterni.
È chiaro che l’autore non può ascoltare ogni punto di vista di ciascuno dei suoi fan, ma è altrettanto chiaro che non può tradire le promesse fatte, direttamente o indirettamente, all’inizio della sua avventura. L’avventura è anche un po’ di chi la vive, o no?
Il bello dei libri è anche questo: quando li leggi  diventano anche tuoi, a modo tuo e solo tuo, perché solo tu sai cosa quel libro ti ha trasmesso e cosa ha significato per te leggerlo. E forse leggere lo stesso libro in un momento della tua vita riesce a darti cose che in un altro momento non avrebbe potuto darti.
Questa mania di tenere in vita le saghe ad oltranza, anche quando hanno già dato quello che potevano è puro sadismo. Certo forse le case editrici o i produttori cinematografici vedono in loro solo un guadagno facile, ma sta a noi lettori riuscire a scegliere e ad orientarci verso la qualità.
Si potrebbe quasi dire che l’opera non è né del suo autore, né tantomeno di chi la legge, ma resta in sé e per sé una verità condivisibile, con la quale possiamo scegliere se essere d’accordo o meno, se esserne delusi o no ed entrambi, noi e chi la realizza, restiamo delle parti attive che attraverso di essa o attraverso altri mezzi, possiamo comunicare.
Giunti a questo punto cosa volevo dirvi? È inutile che vi scanniate per decidere se un libro è brutto o se è quello che vi cambierà la vita. Leggete, continuate a leggere e a creare la vostra opinione e realtà soggettiva, perché è quella che vi accompagnerà per tutta la vita, avrete solo quella. L’oggettività non è questione che una forma umana possa gestire o comprendere.
Detto ciò torno a coltivare la mia passione del pisolino.
A presto.
Zucca. 🐾

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