venerdì 23 novembre 2018

Romanzo rosa - Capitolo 9



Buon giorno bella gente!
Questa settimana vi tocca la recensione trash, perché ho dovuto mettere il naso nelle vecchie letture ancora non recensite e ho trovato pochissimo.
Non ho letteralmente il tempo materiale per leggere molto e ultimamente mi sono andata a scegliere una lettura della lunghezza giusta: “4 3 2 1”. Figuratevi voi la mia furbizia!
Quindi non ho niente di nuovo e fresco bello pronto, ma poco male: ci pensa Pearl a tenere alto il buon nome del blog con le sue letture decisamente più serie delle mie.
Con me, questo venerdì, arriva la leggerezza. C’è bisogno anche di quella, ogni tanto!
È appena cominciata la quarta stagione di “Outlander”, per cui devo per forza tirare fuori dal cilindro la nostra Diana Gabaldon, con la sua dottoressa viaggiatrice nel tempo e  l’aitante maritino scozzese che non invecchia neanche di una virgola. Questa cosa mi ha fatto infuriare nel libro e mi fa infuriare anche nella serie tv, ovvio che si! Ho passato una considerevole quantità di tempo a dichiarare quanto la figura di Jamie si differenziasse dal solito belloccio dei romanzetti di serie B e adesso lo si descrive come un uomo di mezza età (quindi vecchio per la sua epoca), arzillo e pimpante, forse con l’ombra di un pelo bianco, ma che per il resto rimane il prestante ventenne conosciuto nel primo libro. Eh, no! Non esiste proprio, andate a raccontarla a qualcun altro, ma di certo non a me!
Per non parlare del calo della libido… Impossibile con Jamie Fraser! Jamie Fraser che nella sua vita ha subito qualsiasi tipo di sforzo fisico, tra cui anche i lavori forzati e che insieme a Claire continua imperterrito ad avere una vita sessuale decisamente più ricca della mia quand’ero cccccciovane e nel fiore degli anni. Va beh Maria, io esco.
Siamo giunti quasi alla fine di questa epica storia, miei cari amici! Chi già grida al “Finalmente, non ci speravo più!” freni la gioia, perché ho in serbo un futuro ricco di sorprese e di risate malefiche come colonna sonora portante.
Per adesso vi dico solo che siamo quasi giunti alla fine della saga de “La straniera”, nel senso che devo ancora leggere gli ultimi due capitoli (due in lingua originale) di questa saga e poi posso dichiararmi libera dallo spettro di Black Jack Randall e delle sue perversioni per le quali ho ancora gli incubi.
Si, perché dopo “Destini incrociati” e “Il prezzo della vittoria” che insieme formano il settimo libro, troverò ad attendermi l’ottava tappa, formata da “Legami di sangue” e “Prigioniero di nessuno”, ai quali seguiranno gli ultimi due volumi non ancora pubblicati e che costituiranno il nono e conclusivo romanzo. Ci siamo, ragazzi! Vedo la luce in fondo al tunnel!
Vedo la luce, eppure con tanta amarezza, perché dopo tutti questi libri, dopo pagine e pagine di boiate gratuite, picchi porno che forse solo Rocco Siffredi giudicherebbe “robetta”, alternati da descrizioni ricche e caratterizzazioni di personaggi complesse e ben costruite, dopo tutto sto popò di pagine, so per certo che non ci sarà mai più una buona ripresa di questa storia e che nessun finale, né capitolo eguaglierà mai il primo volume.
Già all’inizio la Gabaldon non aveva l’intento di diffondere un messaggio serio e profondo sui grandi temi della vita, figuriamoci ora dove tutto si annacqua sempre di più per protrarre una storia che francamente è tutto fuorché protraibile. Disastro su tutti i fronti, ragazzi.
Nonostante ciò, io direi di non lamentarsi neanche troppo! Non facciamo finta di essere un fandom serio e cazzuto, per cui limitiamoci ad accogliere ciò che ci viene dato e lasciamo stare Diana Gabaldon, che a giudicare da quello che scrive ha già parecchi problemi di suo.
Questa parte della storia, “Destini incrociati” e “Il prezzo della vittoria”, vede tutti i personaggi principali coinvolti fino al collo nella rivoluzione americana. Chi più chi meno, ci sono tutti coloro che sono rimasti nel passato. Roger, insieme a Brianna e ai due figlioletti, sono ritornati nel futuro e vivono la loro vita a Lallybroch quasi in completa serenità, se non fosse per qualche mistero da risolvere legato ai passaggi nel tempo e ai fanatici di passaggi nel tempo.
Nel settecento, Claire e Jamie si barcamenano tra la Scozia, dove il punto centrale degli eventi è costituito dalla lenta dipartita di Ian senior e i quasi Stati Uniti d’America, in lotta per la libertà.
Dovendo orchestrare un buon numero di personaggi, la Gabaldon sceglie l’opzione “multistrato”, piazzando su un piano la vecchia guardia – ovvero Claire e Jamie, Lord Grey, Jenny e le figure che abbiamo visto fin dai primi libri – riservando poi un altro strato della storia alle giovani leve come William, Fergus e Marsali, Ian e il suo piccolo problema vendicativo chiamato Arch Bug. La questione risolutiva del piccolo problema chiamato Arch Bug non mi è piaciuta molto. Non sono un’amante del tragico, ma essendo finito tutto mediamente bene e a favore del buon Ian, personaggio che tra l’altro adoro, non trovo il senso di raccontare una storia che poteva tranquillamente essere saltata a piè pari. Il famoso oro del francese di cui entrano in possesso sarebbe potuto sopraggiungere tranquillamente evitando questa manfrina della vendetta su Ian. E d’accordo, sorvoliamo. Passi perché, fondamentalmente, Ian sta diventando a tutti gli effetti il mio grande personaggio preferito. L’autrice fa compiere a questo ragazzino un’evoluzione straordinaria e probabilmente la sua maturazione è stato uno dei pochi motivi che mi hanno spinta a continuare a leggere questa saga fino in fondo. I personaggi che hanno avuto questo effetto su di me sono principalmente tre: Ian, Fergus e William. Per i quali penso ci sia ancora tantissimo da dire, al contrario dei due protagonisti che per quanto mi riguarda hanno esaurito gli argomenti almeno quattro o cinque libri fa. Soprattutto per come si sono messe le cose per Fergus, intuiamo che alla Gabaldon le idee per nuove storie intriganti e ben congeniate non mancano di certo; se avesse solo il coraggio di abbandonare una storia che doveva finire molto tempo fa, credo che potrebbe davvero fare faville, almeno nel suo genere letterario. Per quanto riguarda William sono molto curiosa di come verrà sviluppato nei prossimi volumi, visto che qui scopre la verità sul suo padre biologico. Qui e in altri piccoli punti, gli strati che la Gabaldon ha steso così accuratamente per i suoi innumerevoli personaggi vengono a coincidere, fondendosi e dialogando tra loro.
Come sempre c’è da dire la solita cosa: La Gabaldon è tanto brava quanto trash. Le storie di avventura le sa costruire e anche bene. Sappiamo che sa alternare i momenti drammatici e quelli comici, condendo il tutto con la giusta dose di mistero e intrigo. Sappiamo che sa caratterizzare benissimo i suoi personaggi, soprattutto gli antagonisti. La coerenza, infatti, è un must a cui mi ha abituata e so che, nonostante la lunghezza di questa saga, ritroverò all’ultima pagina la stessa Claire che ci veniva presentata nel primo capitolo del primo libro. La Gabaldon è brava. Ma decide di impiegare malissimo il suo talento. Che sia questione di cavalcare l’onda della sua fama e quindi di continuare all’infinito la sua storia, o che sia questione di contenuti, di ciò che l’autrice ha da dire, non riesco a farla uscire da quel famoso scaffale a cui vengono assegnati i “libri per signore”. Resta in questo limbo di talento e profanazione e probabilmente, ben felice di esserci, ci rimarrà per tutta la sua carriera.
Non posso negare di essermi affezionata a determinate cose, personaggi come tratti stilistici, e non posso negare di essere di fronte ad un’opera che tutto è fuorché “di contenuti alti”. Non si salva e non si condanna e a me non resta che attendere il finale con la giusta e genuina curiosità che mi contraddistingue in questi casi.
Per questa settimana è tutto, amici lettori! Io vi saluto e vi auguro buon fine settimana!


-Liù

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