mercoledì 28 novembre 2018

Mai giudicare un libro dal suo film... e viceversa - Una serie di fortunate considerazioni su Lemony Snicket



ATTENZIONE!
Avvisiamo i nostri gentili lettori che questa rubrica conterrà spoiler sia sui libri che sui film che verranno trattati. Inoltre ci teniamo a sottolineare che non è una battaglia in cui uno dei due mezzi comunicativi vince sull’altro, ma è un confronto degli aspetti positivi e negativi di ciascuno per cercare di capire se l’adattamento cinematografico ha trasmesso l’idea originaria dell’autore o se invece se ne è discostato per raccontare qualcosa d’altro. Non parliamo di meglio o peggio ma di un confronto alla pari tra due canali comunicativi differenti.


Buona sera bella gente!
Per l’intervento della nostra rubrica mensile, che fa di noi dei cinefili abbastanza rispettabili oltre che dei lettori accaniti, proverò a fare una cosa diversa dal solito e a distanziarmi dai paletti che spesso ci hanno aiutato ad esprimere il nostro giudizio. Questa volta cercherò di creare un ragionamento un po’ più discorsivo rispetto al solito.
D’altra parte se si parla di Lemony Snicket, della sua ormai famosa saga “Una serie di sfortunati eventi” e delle relative trasposizioni filmiche c’è davvero una grande quantità di materiale di cui parlare e non sempre si riesce a stare dentro i confini.
Proviamo quindi a spaziare e a cercare di mettere a confronto l’opera letteraria primigenia, ideata dalla straordinaria mente di Lemony Snicket – ossia ben tredici libri per bambini che narrano le sventurate vicende dei fratelli Baudelaire – con il film del 2004 e con la serie tv da poco messa a disposizione del pubblico di Netflix.
Nonostante sia entrata in contatto con questa storia da grandicella, ne sono rimasta profondamente colpita e sono stata ben felice di gustarmi tutte le versioni possibili ed inimmaginabili.
L’ambientazione e i personaggi di Snicket sono surreali, plausibili ma irrealistici e si muovono in un mondo altrettanto surreale, ma denso e consistente; pieno di grandi verità filtrate con occhi giovani e puri di tre fratelli orfani, alle prese col malvagio Conte Olaf che tenta di impossessarsi del loro patrimonio.
Snicket non nasconde la crudeltà del mondo ai giovani lettori, ma nella tragedia della vita li aiuta a trovare il bello, il sorriso e le cose veramente importanti (come la famiglia e l’amicizia) all’interno di un mondo senza scrupoli, dove criminali irrecuperabili riescono ad averla vinta fin troppo spesso. Vittorie, queste, supportate dall’ingenuità e spesso dall’incompetenza delle persone comuni, che si lasciano abbindolare come niente e che, anche senza volerlo, fanno il gioco dei malvagi.
Snicket da un insegnamento importante e cioè che non bisogna mai abbandonare la propria integrità morale, anche quando tutto sembra perduto, o inutile.
“Una serie di sfortunati eventi” non può essere soltanto circoscritta ad una bella storia con delle tematiche importanti, che comunque non è poco già di per sé, ma è anche un grande e vivo mondo, con delle regole e delle stravaganze ben precise e che è capace di creare la spettacolarità e la magia sotto gli occhi dei giovani lettori. Ha uno stile unico, uno stile inconfondibile posseduto da questo scrittore americano che gioca con le parole, coi modi di dire e che crea scenari favolistici e macabri ad un tempo.
Molti, inclusa la sottoscritta, lo hanno accostato allo stile cinematografico di Wes Anderson; lo straordinario Wes Anderson di “Grand Budapest Hotel” e “Moonrise Kingdom”, ossia colui che della precisione tecnica e del fantasioso, bizzarro surreale ha fatto i suoi marchi di fabbrica. La serie tv dell’ultimo periodo ha infatti carpito molto da questa filmografia ricca e meritevole, a differenza del film del 2004 che verteva su altre sfumature.
In ogni caso una cosa è certa: l’essenza vera e propria della storia è stata rispettata e continua ad esserlo nella serie tv.
Trovavo difficile sostituire Jim Carrey con qualsiasi altro attore che potesse essere alla sua altezza, all’altezza dell’uomo dalla faccia di gomma, come spesso viene chiamato nel settore, ma Neil Patrick Harris ha dato, almeno fin’ora, grande prova della sua attorialità.
Da un lato abbiamo un film (2004) dai toni cupi e dalle tinte dark, se non addirittura in pieno stile steampunk, dove la bontà e l’intelletto dei fratelli Baudelaire non vengono macchiati né danneggiati e si permette, in questo modo, la possibile visione della storia ad un pubblico giovane. Dall’altro abbiamo una serie tv che con tutte le modifiche apportate (e ce ne sono di consistenti, a mio parere), non perde quel tragico senso di fatalità che si percepiva ad ogni pagina.
La differenza sostanziale che posso riscontrare sarebbe quella

presente nella figura del Conte Olaf. Sulla carta viene presentato in modo decisamente più horror e per quanto si trascini alle calcagna degli scagnozzi ridicoli e incapaci, resta sempre un terribile delinquente di cui aver paura. Questa cosa non viene esattamente persa su pellicola, ma in Carrey e Harris possiamo vedere degli antagonisti che si lasciano andare facilmente alla scena comica e alleggeriscono il tutto. Non è un titolo di demerito, quanto piuttosto una differenziazione lieve, anche se comunque l’ho notata.
Ci sono delle cose migliori nel film rispetto che nella serie, ma anche viceversa! Questo sicuramente.
Il film, ad esempio, ha Meryl Streep. E non si può sostituire facilmente Meryl Streep, andiamo. Tuttavia resta il fatto che la serie tv permette uno spazio d’azione decisamente più ampio, cosa quasi necessaria per una storia che si snoda su ben tredici libri. Infatti i due prodotti filmici si possono paragonare solo fino ad un certo punto, poiché la serie tv va avanti nel suo racconto, presentando la visione anche di quelle avventure che il film non aveva potuto raggiungere visto che si è fermato al terzo libro.
Se però dovessi confrontare l’opera cartacea, che è quella originale, con uno qualsiasi delle altre due versioni, approverei appieno tutto. Restano dei prodotti che hanno ben espresso un mondo così ironico, tragico e comico e al quale non mi stanco mai di tornare e del quale aspetto con ansia la terza serie tv.
Dunque il mio giudizio è molto più che positivo e sono certa che pur andando avanti con le prossime uscite su Netflix non verrò delusa.
Io ve ne auguro di cuore la visone e soprattutto la lettura, portando delle considerazioni che, più che essere fortunate, sono legate al vero e proprio merito dell’autore. Bravo Daniel Handler, o dovrei dire Lemony Snicket!
Buona giornata e alla prossima lettori!


-Liù

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