venerdì 15 marzo 2019

Letteratura francese - Capitolo 3


Mi risulta impossibile inserire questo libro nella narrativa per bambini, perché quando la bibliotecaria ti dice che non è da cercare su quello scaffale e corregge il tuo errore da principiante tirando fuori il suddetto volume dal suo cilindro magico, puoi solo rimetterti alla clemenza della corte.
Quando la bibliotecaria detta legge chi può darle torto?
In realtà avevo già letto questo libro un bel po’ di tempo fa, in un pomeriggio tranquillo e sereno, che a causa della lettura è improvvisamente diventato un pomeriggio triste e malinconico, ma pur sempre bellissimo e pieno di poesia.
“Oscar e la dama in rosa” è un libricino molto breve, da leggere giusto in un paio di ore o forse meno, ma in quelle poche pagine possiamo trovare tutta la profondità e la delicatezza di una storia che vuole parlare di bambini e contemporaneamente di morte.
L’autore francese Éric-Emmanuel Schmitt ha concepito questo racconto come terza tappa da inserire nella sua serie di libri che costituiscono il cosiddetto “Ciclo dell’invisibile” e che elencati in ordine fanno più o meno questa scena: “Milarepa”, “Monsieur Ibrahim e i fiori del corano”, “Oscar e la dama in rosa”, “Il bambino di Noè”, “Il lottatore di sumo che non diventava grosso” e “I dieci figli che la signora Ming non ha mai avuto”.
Ora, informazioni carpite nel corso degli anni mi dicono che il “Ciclo dell’invisibile” pone l’accento e rende onore alle tre grandi religioni monoteiste. Come le religioni siano tre e i libri cinque è un mistero, ma da come è stato scritto “Oscar e la dama in rosa” varrebbe la pena di scoprirlo leggendoli tutti. Anche se comunque, già dai titoli, possiamo farci l’idea che non si parli solo delle tre religioni monoteiste, ma di un insieme un po’ più ampio di fedi.
“Oscar e la dama in rosa” è di certo la storia che, fra le cinque, affronta il tema della religione cristiana e lo fa attraverso gli occhi di un bambino malato di leucemia, imprigionato nel suo reparto ospedaliero.
Oscar, soprannominato “Testa d’uovo” a causa delle chemio che l’hanno lasciato completamente pelato, non ha nessuna speranza di sopravvivere, ma gli adulti non riescono a comunicare il proprio dolore con lui ed il bambino si trova perso e solo, con un carnet di domande importanti sulla vita e l’esistenza che, non trovando risposta, cadono nel vuoto. A raccoglierle, però, ci si mette Nonna Rosa, un’anziana volontaria dell’ospedale che forse col coraggio della sua esperienza di vita, trova la forza di restare accanto al bambino durante la sua malattia.
Nonna Rosa, consapevole che certe risposte non possono arrivare da altri esseri umani, ma solo da un’entità superiore, suggerisce al bambino di scrivere delle lettere a Dio e di vivere ogni giorno come se ventiquattro ore contenessero dieci anni, così da non perdersi idealmente nessuna esperienza di vita, nonostante ad Oscar sia concesso poco tempo su questa terra. Il bambino riesce dunque a vivere fino a cent’anni, a provare l’emozione di innamorarsi e la gioia di avere un amico accanto, Nonna Rosa, a cui affidarsi nei momenti di dolore; a scomporre il dolore per capirlo meglio e quindi affrontarlo con nuovo spirito.
Come quasi ogni storia che parla di morte, anche qui si filosofeggia e con l’ottima compagnia di una signora tutto pepe, schietta e dolce. Quindi troverete anche da ridere in mezzo alle lacrime e non solo. Molto altro vi attende fra le pagine di questo sorprendente racconto, delicato e puro, ma capace di rimanere nel cuore.
E a questo punto lo dico, si sono d’accordo con la bibliotecaria: non è un libro per bambini. Tuttavia lo consiglierei a tanti ragazzi che stanno attraversando l’era della pubertà e cominciano a porsi i grandi questi dell’esistenza. Forse non per avere risposte, ma più semplicemente per avere conferma che la vita è meravigliosa e che i libri possono salvarla.
Buona giornata e buon weekend, lettori! Alla prossima!


-Liù

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