venerdì 24 novembre 2017

Romanzo d'avventura/Letteratura francese - Capitolo 1



Se dico: “vendetta” cosa vi viene in mente? Io non ci posso fare niente, ma da quando ho letto “Il Conte di Montecristo”, la prima cosa a cui penso è il nome di Edmond Dantès. Eh si, amici lettori! Se c’è qualcuno che può servire freddo gelato il piatto della vendetta, quello è proprio lui! E se c’è qualcuno che può parlare di avventura, quello è Alexandre Dumas.
Se invece, dal canto vostro, cercate trame piene di azione, intrighi e sotterfugi, “Il Conte di Montecristo” è sicuramente un classico.
Volete crogiolarvi in una storia alla cappa e spada, come si suol dire in gergo teatrale? In un racconto che crea una piacevole e leggera tensione, ma che ha tutti i presupposti di ottenere un lieto fine, a dispetto delle disavventure e delle mille peripezie del protagonista? Questo libro deve essere sicuramente dei vostri.
Il genere d’avventura credo sia un filone più facile rispetto a tanti altri. Lo è sicuramente rispetto al romanzo psicologico, ai thriller, agli horror e ai romanzi storici. Secondo me è più facile proprio perché nella storia che si racconta c’è grande azione e grande movimento, fin dalle prime pagine. L’azione serve, in un certo senso, a catturare maggiormente l’attenzione del fruitore.
Questa pseudo-analisi risulta essere, me ne rendo conto, un pochino bidimensionale, soprattutto perché viene fatta pensando anche ad un mezzo comunicativo diverso dal libro: il cinema. La settima arte, infatti, non ha mai avuto grandi problemi a sbancare al botteghino con un film d’azione, quale che sia la sua qualità, poiché effetti speciali alla Tom Cruise già facevano il 70% delle vendite. Tuttavia sono convinta che pure per quanto riguarda l’ambito letterario, ci siano delle assonanze. Anche se, diciamocelo, Dumas è stato proprio trattato malissimo dal cinema. Hanno storpiato così tante volte la storia dei suoi poveri moschettieri che ho letteralmente perso la speranza di vedere, anche in futuro,  qualcosa di minimamente attinente alla trama del testo e non parliamo dei film fatti seguendo il libro che sto recensendo, perché al solo pensarci mi verrebbe voglia di dare una tirata d’orecchi bella sentita a Jim Caviezel, protagonista dell’ultima pellicola tratta da questo romanzo (anche se lui, non essendo il regista, non ha colpe).
Detto questo, “Il Conte di Montecristo” risulta essere comunque una storia decisamente complessa, azione o non azione, avventura o non avventura. Credo che questo dipenda dal fatto che per parlare di vendetta nella sua essenza, ci si debba mettere sul piano psicologico almeno una ventina di volte, cosa che Dumas fa e secondo me, anche piuttosto bene.
Edmond Dantès, prima di diventare il Conte di Montecristo, era un giovane marsigliese in procinto di convolare a nozze con la bella Mercedes. Non era ricco, né macchiavellico. Tuttavia era felice, forse anche troppo per i suoi nemici, i quali cechi per invidia o per convenienza, lo condannarono alla prigione ingiustamente, privandolo della sua promessa sposa prima ancora del matrimonio, della sua fortuna economica prima di poterla vedere concretizzata e in linea definitiva, della sua felicità. Il Conte è il fantasma tornato a reclamare le anime di chi lo ha condannato; un’ombra potente capace di arrivare ovunque e di tramare fili invisibili dove far inciampare le sue vittime. Nomi e cognomi di quest’ultime, alle quali non va mai destinata la pietà del lettore (il lettore tifa inevitabilmente Dantès, sempre!), sono sostanzialmente quattro: Danglars, Fernand Mondego, Caderousse e Villefort.
La vendetta compiuta dal Conte di Montecristo nei confronti dei suoi nemici si allinea spesso con un certo senso di giustizia. Dantès, infatti, non nuoce mai per diletto, né ha interesse a colpire soggetti che non sono direttamente coinvolti nel debito di cui lui è personalmente il riscossore. In questo romanzo non si condanna la vendetta, bensì la si esalta e promuove. È semplice: a un uomo è stata fatta una terribile ingiustizia che gli ha rovinato la vita e quest’uomo, ci dice Dumas, ha il sacrosanto diritto di presentare il conto come e quando vuole.
Dantès non ha rimorsi per i suoi aguzzini, quando si trova ad avere il coltello dalla parte del manico, ma affonda senza pensarci, concretizzando un piano di rivalsa che ha impiegato decenni a pianificare. È diventato freddo, calcolatore e agisce di nascosto, sebbene alla luce del sole. Ma ci viene presentato come giusto, tanto quanto veniva considerato giusto il boia, che compiva solo il suo dovere. È la giustizia personificata.
Inutile dire come questo personaggio, come molti eroi dei romanzi d’avventura, sia caricato di fascino; soprattutto perché è un eroe di testa e che quindi ragiona, usa il cervello per programmare tutto al millimetro e alla fine, ha successo.
Credo che il bello di questo romanzo sia soprattutto nelle macchinazioni che il protagonista attua per raggiungere i suoi scopi, come fa ad arrivarci. Sembra quasi un gioco dove alla fine si scopre che il castello di carte costruito così minuziosamente aveva il solo scopo ultimo di crollare.
Anche la caratterizzazione dei personaggi mi ha affascinato tantissimo, persino dei personaggi minori che aiutano a rendere verosimile il tutto e che allo stesso tempo si rivelano necessari per veicolare altri sentieri previsti dalla trama principale.
Di altro posso solo dire che “Il Conte di Montecristo” mi è piaciuto molto e che ha contribuito nel mio avvicinamento ai romanzi d’avventura, per cui, anche se facente parte della letteratura francese, ho deciso di classificarlo in questa categoria.
Per quanto lungo possa essere e quindi per quanto “mattone” possa sembrare, lo consiglierei ai ragazzi che cominciano da poco ad affacciarsi al mondo dei libri e della lettura, perché nonostante la lunghezza lo si può leggere veramente in breve tempo, anche grazie al suo dinamismo che porta inevitabilmente al coinvolgimento facile. Potrebbe essere, quindi, un libro perfetto per chi non è abituato a leggere molto e vuole iniziare senza cadere nei libri trashoni e sempliciotti.
Io vi ho detto la mia e vi auguro buon weekend!
Alla prossima!


-Liù

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