venerdì 9 febbraio 2018

Letteratura italiana - Capitolo 4



Buongiorno!
Quest’oggi torniamo con la letteratura italiana, ed era anche ora! L’Italia è stata grande in molte cose ma quello che di negativo sta facendo negli ultimi anni sta lentamente sommergendo, erroneamente, tutte le cose belle. Quindi oggi parliamo delle bellezze italiane, quindi parleremo di Umberto Eco!

Umberto Eco era uno scrittore, ma non solo, italiano che è morto nel 2016 all’età di 84 anni. Ha scritto tantissimi libri, soprattutto saggi di filosofia, linguistica ed estetica, ma forse è famoso soprattutto per le opere di narrativa. In particolare io lo conosco da sempre solo per “Il nome della rosa”, che è il libro di cui andremo a parlare oggi. Da quest’opera del 1980 è stato poi tratto un film con Sean Connery come protagonista, uscito nel 1986.
Questo è uno dei pochi casi in cui ho visto prima il film e poi ho letto il libro, anche perché il film l’ho visto da più piccola e con un’età per cui non sarei stata in grado di leggerlo.
Ad ogni modo questo romanzo narra di una investigazione che si realizza nel 1327, in una Abbazia in cui accadono cose misteriose tra cui la morte di un monaco che sembra essere un omicidio. Per questo motivo viene chiamato Guglielmo da Baskerville, un frate francescano inglese che ha studiato ad Oxford e che ha lavorato anche come inquisitore. Suo è il compito di scoprire cosa sta avvenendo e nel più breve tempo possibile. Lo accompagna il suo fidato apprendista Adso ed entrambi si trovano di fronte ad una serie di omicidi molto ravvicinati che dovranno essere svelati e spiegati.
Il libro è suddiviso in giorni, 7 in totale, che a loro volta sono suddivisi in sotto-capitoli sulla base della divisione della giornata che si utilizzava nelle Abbazie in quel periodo, quindi Mattutino, Laudi, Prima, Terza, Sesta, Nona, Vespri, Compieta.
Il racconto si sviluppa in prima persona ed è raccontato da Adso, ormai anziano che ricorda le vicissitudini avvenute in quei giorni della sua giovinezza e le scrive in un libro, ma il protagonista a tutti gli effetti è Guglielmo, il monaco investigatore che mostra delle capacità straordinarie, al pari di quelle di Sherlock Holmes. In effetti, come il famoso personaggio di Doyle, il protagonista de “Il nome della rosa” è particolarmente attento ai dettagli, è intelligente e gli piace stupire gli altri con il frutto dei suoi ragionamenti che, fino a che non vengono spiegati, non vengono nemmeno compresi. Come Sherlock infatti ama essere ammirato. I ragionamenti di Guglielmo sono molto avanzati, soprattutto se si pensa che l’ambientazione è quella medievale. Egli è un frate che rispetta le regole del suo ordine ma allo stesso tempo è aperto alle meraviglie del mondo, curioso di apprendere e convinto che esse vadano esplorate e comprese e non semplicemente ammirate.
Per quanto riguarda Adso, invece nonostante sia il narratore assume il ruolo che aveva Watson nei racconti di Doyle: l’amico che apprende dal maestro e che lo supporta e lo aiuta nelle sue stravaganti investigazioni e che sempre rimane sorpreso dalla perspicacia del protagonista.
La trama principale si alterna a capitoli in cui si raccontano le vicende storiche che sono effettivamente avvenute in quegli anni e che fanno da cornice al giallo. Si susseguono inoltre qua e là capitoli dedicati ai ragionamenti di Guglielmo sul mondo e sulla storia dell’umanità così come sulla religione e tali discorsi con Adso o con altri monaci servono ad inquadrare il suo personaggio e a quanto sia effettivamente molto più avanti degli altri.
Eco sembra inoltre molto appassionato di elenchi, anche se probabilmente è un richiamo allo stile medievale, che deve essere stato adattato per poter raccontare questa storia come se fosse stata vissuta effettivamente in prima persona ed in quel periodo storico. Vi lascio un’immagine di un esempio per farvi capire cosa intendo con “elenco”:
Lo stile è particolare, come ho già detto probabilmente costruito dopo un attento studio della scrittura medievale, a tratti molto prolisso e ricco di dettagli anche se non riguardano direttamente il giallo che costituisce il filo rosso della storia. Infatti spesso i dettagli sono legati agli avvenimenti storici di quel periodo e questo mostra quanto lo scrittore si sia documentato e si sia dedicato allo studio della storia medievale affinché risultasse tutto accurato e realistico. L’utilizzo di questo stile è nuovo per il genere “giallo”, perché quelli a cui siamo abituati oggi sono molto più centrati sulla trama e si perdono meno in descrizioni di contesto esterno; inoltre lo stile dei gialli moderni è più leggero, meno ricercato e dunque leggere “il nome della rosa” può risultare un po’ più ostico.
Un aspetto negativo che probabilmente è legato alla mia ignoranza sono le citazioni in latino. I personaggi infatti spesso durante i dialoghi inseriscono delle frasi in latino, come si usava effettivamente a quei tempi, che però nel libro non sono tradotte. Per questo motivo chi non ha mai studiato latino alle superiori, come me, si potrebbe trovare un po’ spiazzato. Al di là delle frasi nei dialoghi, per cui si può più o meno immaginare il significato sottostante, ci sono però veri e  propri brani, per quanto brevi sono comunque costituiti da alcune righe che per me sono risultati incomprensibili. Questo non pregiudica la comprensione della trama o del significato generale ma sarebbe carino poter avere delle traduzioni in fondo alla pagina o in fondo al libro.
Ad ogni modo Umberto Eco dimostra con questo libro quanto sia capace nella scrittura e nella costruzione di personaggi e racconti che risultano realistici e avvincenti, anche se a tratti si perde un po’ la trama del mistero. Nel complesso è un ottimo libro, l’unica nota, non negativa in sé ma che per qualcuno potrebbe costituire un ostacolo, sono queste parti storiche e ricche di dettagli. Ho apprezzato anche queste nonostante il ritmo della storia ne risentisse.

Consigliato a tutti quelli che amano i libri gialli e/o i libri storici. 
-Pearl 

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