venerdì 14 settembre 2018

Letteratura italiana - Capitolo 7



Buongiorno lettori!
Oggi parliamo di scuola. Ebbene si, ancora scuola. Sarà che nelle scuole ci lavoro e i primi giorni risucchiano tutta la mia attenzione, saranno vecchi ricordi, sarà quel che sarà, ma è proprio in questi giorni che mi è venuto in mente un romanzo di cui ancora non ho parlato.
Si tratta di un romanzo italianissimo, ambientato prevalentemente a scuola, dal grande successo, considerato un grande classico… E che non mi è piaciuto per niente.

È proprio di “Cuore” che sto parlando, un libro pensato soprattutto per i più piccoli, scritto da quel gran simpaticone di Edmondo De Amicis. Avete scorto l’ironia tra le righe, alla parola “simpaticone”? Bene.
Ho avuto l’occasione di leggerlo a causa di un mio esame universitario particolarmente impegnativo, dove questo romanzo ne costituiva una minuscola parte della prima sezione. Fra tanti altri argomenti, si analizzava il tema dell’unità d’Italia a livello letterario; un contenuto molto trattato da De Amicis, il quale cerca di renderlo alla portata dei più piccoli e più precisamente dei bambini delle prime scuole elementari dell’Italia unita. Di quello che sarebbe stato, insomma, il futuro del paese.
Con simili premesse, ovviamente, il romanzo in questione non poteva che essere ambientato a Torino. Siamo nel 1881 e più precisamente nella terza elementare dell’alunno Enrico Bottini. Ovviamente una classe tutta al maschile, dove il maestro unico porta mensilmente all’attenzione dei suoi alunni dei brevi racconti, in cui bambini e ragazzi protagonisti, provenienti da tutte le regioni d’Italia, si fanno portatori di valori all’epoca socialmente condivisi e incoraggiati.
Ognuno di questi racconti è ambientato in una regione italiana diversa e riusciamo a vedere quanto sia presente la voglia di unità e di coltivare questo sentimento come un vero e proprio valore; un senso patriottico nato da poco che si traduce nel difendere la propria terra e rispettare il proprio ruolo sociale di “bravo figlio”. Lo stesso senso patriottico che si preoccupa altresì di mettere ben in evidenza le differenze culturali spalmate su tutto lo stivale, le quali invece di dividere sembra che facciano da collante.
Si dice, con una terminologia semi-professionista, che sia strutturato a episodi separati.
De Amicis non solo alterna le vicende all’interno della classe elementare con quelle dei racconti, ma nella stessa classe cambia il focus sui diversi alunni. Il protagonista rimane lo stesso, ma esploriamo anche i suoi compagni. Quello ricco, quello bello, quello ripetente, quello testardo. Tutti diversi e tutti facenti parte della stessa classe. L’oggetto dell’attenzione si sposta da ragazzo a ragazzo, sia nei racconti che nella sezione stessa. Questo ci da modo di esplorare ogni alunno nella sua unicità e nel suo proprio carattere. Allo stesso modo troviamo una certa somiglianza narrativa nei racconti, dove il ragazzo protagonista incarna le caratteristiche del territorio e i valori a cui aspirare.
Ogni regione è diversa, ma i valori restano gli stessi e i due binari, quello della terza elementare e quello su cui viaggiano i racconti, filano lisci uno accanto all’altro.
“Cuore” nasce con un intento prettamente pedagogico, finalizzato appunto a inculcare nelle prime generazioni italiane l’amor di patria, il rispetto nei confronti della figura adulta e soprattutto dei genitori, il sacrificio, l’eroismo e la pietà.
Pretenzioso, falso, buonista, illusorio, sempliciotto e stucchevole sono solo alcuni degli aggettivi che mi sono venuti in mente per definirlo.
Risulta abbastanza chiaro che il contesto storico abbia giocato un ruolo chiave sulla scelta di trama e di modalità con cui è stato realizzato il romanzo. È di certo evidente la necessità di trasmettere i sentimenti che avevano permesso la creazione di un unico stato dopo secoli di divisioni; uno stato tra l’altro che De Amicis sembra voler presentare come equo ed egualitario, detentore di una scuola pubblica accessibile da parte di ogni strato sociale, dove il povero e il ricco condividono il banco senza perplessità. E del resto riconosco che sarebbe stato difficile porsi in maniera critica sul tema “Unità d’Italia”. Tuttavia sono convinta che, un po’ questo un po’ il target a cui il libro è stato destinato, abbiano dato allo stesso dei limiti considerevoli, oltre i quali “Cuore” non va.
Riconosco la necessità di un’opera simile nel panorama di allora, posso anche individuare dei meriti stilistici nella caratterizzazione mirata dei personaggi e nel ritmo della storia; arrivo anche a capirne l’importanza sociale, ma per me resta un libro incapace di porre un quesito critico in merito agli argomenti di cui parla e so per esperienza che un libro che pone certezze senza regalare domande difficilmente sarà un libro propedeutico alla crescita.
Una cosa è la trasmissione di valori, ben altra è il lavaggio del cervello puro e semplice e leggendo questo libro ho sempre avuto l’impressione che l’indottrinamento fosse dietro l’angolo. Non so se in costa o nel sovra copertina, ma si percepisce, è nell’aria e non si può negare.
Mi si può dire che l’intento o i tempi lo imponessero, che ancor meglio non c’erano ancora stati dei veri e propri tempi tecnici che avessero permesso una rielaborazione più complessa e critica dei fatti storici e degli ideali che li avevano mossi, ma resta il fatto che da lettrice, ho percepito questo romanzo come un libro a metà, che non osa e soprattutto molto buonista.
L’atto di coraggio è elogiato, chi lo compie viene incoronato per l’eternità, il dolore dev’essere portato stoicamente sulle proprie spalle e il cattivo non è cattivo: compie atti cattivi, per poi redimersi. Patetismo. Patetismo e stucchevolezza dilaganti ovunque.
Lungi da me avere le competenze necessarie per decidere se è giusto togliere o far rimanere “Cuore” negli esami universitari. Gli intenti sono molti e sono tutte valide voci. Ma lasciatemi dire che questa, come lettura per ragazzi, è quanto meno superata.
Lo so che resta uno di quei grandi classici della nostra letteratura, quasi intoccabili, che sono più vere e proprie istituzioni che classici. Mi dispiace, ma devo dire la mia e la mia è semplicemente questa: non credo che “Cuore” abbia dato un grande apporto alla nostra letteratura, o agli obbiettivi che lo stesso De Amicis si era prefissato.
Una valida alternativa sarebbe potuta essere quella di mostrare un mondo meno perfetto, dove le divisioni tra ciò che è bene e ciò che è male non fossero così nette; un mondo che poi sarebbe la realtà della vita, ma “Cuore” non indaga. “Cuore” sa cosa è giusto, o per lo meno lo crede e lo sbandiera a gran voce, pronto a difenderlo dal minimo dubbio. E giacché io ho la presunzione di credere che di quest’ultimo, del dubbio, ne conosca la sacralità, per me questo libro risulta in gran parte mediocre e fallace.
I puristi, gli esperti e gli appassionati di letteratura italiana mi perdoneranno, soprattutto dal momento che riesco a trovare il modo di giustificare il libro su più fronti. Ad esempio, non credo proprio si possa individuare un altro libro dell’epoca che abbia avuto lo stesso intento, che portasse all’attenzione dei ragazzi alcuni temi e valori. “Cuore” resta l’unico del suo genere… Meno male, dirò io senza vergogna, visto che con troppa gioia nel cuore ho chiuso l’ultima pagina per non volerne sapere più.
Voi l’avete letto? Cosa ne pensate? Siete d’accordo o dissentite?
Spero che qualcuno riesca a trovarci qualcosa di meglio di ciò che vi ho trovato io, visto che non lo consiglierei a nessuno e soprattutto visto che non esistono valide alternative letterarie sugli stessi temi.
Detto ciò vi auguro buon fine settimana e che le vostre letture possano approdare in lidi più interessanti.
Alla prossima e buona lettura!
-Liù

Nessun commento:

Posta un commento