venerdì 28 settembre 2018

Letteratura americana - Capitolo 8



Per quanto io mi possa beare di conoscere abbastanza la letteratura internazionale, libri e narrativa, nuove uscite e storiche uscite, più in generale il mondo della parola scritta, con tutti gli annessi e connessi, sono ben consapevole che si tratta di un universo veramente vasto, pronto a tener sempre ben presente la mia ignoranza e che frequentemente mi ricorda quante terre inesplorate devo ancora scoprire. Confesso che spesso ho l’impressione di aver lasciato indietro non solo qualche piccola isoletta, ma veri e propri continenti, in particolare la zona americana.
Poi si stupiscono che non rileggo mai lo stesso libro: ho poco tempo e troppi libri da leggere, gente! Che devo fare?
Così, mentre accomodo sul comodino Paul Auster per la prima volta, in attesa di leggere tutto il suo grosso e grasso mattone “4,3,2,1” e farmene un’idea, ecco che prendo in mano l’unico Capote che abbia mai letto e ve ne parlo.
Capote era un giornalista e ho sempre stupidamente guardato con sospetto i giornalisti che fanno gli scrittori, ma direi che questa mania Marquez me l’ha fatta passare in tre secondi e quindi mi ritrovo con la mia copia di “Colazione da Tiffany” tra le mani, pronta per parlarvene.
Un libro piccino ma significativo, quello di cui mi accingo a parlare, contenente tutto ciò che c’era da dire a proposito di Holly Golightly e della sua storia, raccontata da un io narrante che possiamo tranquillamente identificare come un alter ego dello scrittore, se non addirittura lo scrittore stesso. Si menziona anche il giorno del suo compleanno, il 30 Settembre, che “casualmente” è lo stesso giorno del compleanno di Capote.
Questa storia potrebbe tranquillamente essere un vero e proprio squarcio autobiografico; se non altro è plausibile. Plausibile e tuttavia anche al di fuori dell’ordinario, in quanto la protagonista viene presentata come un personaggio stra-ordinario e di conseguenza, le cose che la riguardano e di cui si parla in questa storia, sono anch’esse stra-ordinarie.
In questa grandezza, nei voli pindarici, nell’incertezza della vita e del tempo presente, ci sono delle sfumature, ruggenti e graffianti, che mi hanno fatto ricordare Fitzgerald e il suo grande Gatsby. Anche se in realtà, Gatsby aveva un’ambizione più precisa, mentre i castelli in aria della nostra Holly sono meno consistenti, più vaghi, impalpabili e sognatori. Si potrebbe dire che Holly, più di sapere cosa vuole, sa con la più grande certezza cosa NON vuole.
Di certo c’è in entrambi l’idea di voler vivere una vita da sogno, quale che sia la natura dell’amore che lo porta, questo sogno, ed essere fedeli a sé stessi, alla propria idea di vita libera.
Il narratore del romanzo si trova a ricoprire il ruolo di osservatore nella vita di questa bizzarra vicina di casa: la signorina Holly Golightly “in transito”, come recita il suo stesso biglietto da visita, il quale non sarà indicativo del suo lavoro, ma di sicuro lo è della sua personalità: un animo dalle radici rade e sconosciute, ma dalle grandi ali, pronte a spiccare il volo.
Più si va in alto, più ci si fa male quando si cade, ma a Holly sembra non importare e come un Icaro moderno punta a tutto ciò che brilla, come un diamante di Tiffany, convinta e fiduciosa di aver trovato il sole e senza paura di prendere cantonate, o rischiare anche di peggio. È probabilmente questa sua impulsività che le conferisce il grande fascino descritto da Capote; un fascino che a quanto pare influenza gran parte delle persone che le stanno intorno, personaggi con cui Holly instaura rapporti forti, ma mai davvero solidi, pronta ad abbandonare chiunque la faccia sentire in trappola.
Trama e succo del discorso coincidono con l’analisi del personaggio. “Colazione da Tiffany” è in tutto e per tutto Holly Golightly; l’anatomia, l’architettura, lo studio di una figura fatta per spiccare sopra la massa e per crollare tragicamente poi, il minuto successivo; aspirante ad una stabilità che in realtà non è sicura di volere e che quindi non avrà mai, un’anima che vaga di felicità in felicità, cercando quella definitiva e senza trovarla.
Come Gatsby ha un passato squallido, dove l’amore per il fratello resta l’unico aspetto candido, solitario nella sua purezza. Come Gatsby tende anche Holly a raccontare qualche frottola per un suo vantaggio sociale. Come Gatsby aspira a qualcosa ed esattamente come nel capolavoro di Fitzgerald, troviamo anche qui degli esiti assai tristi e amari, anche se diversi.
“Colazione da Tiffany” è di certo un libro da leggere, se non altro per capire la cultura in cui è immerso. Una rappresentazione di New York in un soggetto umano, con tutte le sue contraddizioni e i suoi profondi difetti; una rappresentazione del fascino e della sofferenza umana conviventi nello stesso corpo.
Capote ha reso poche pagine immortali e lo dico con la massima obbiettività, visto che per quanto la sua protagonista sia stata costruita bene, è esattamente il tipo di personaggio che boccio su tutti i fronti, caratterialmente e spiritualmente. Resta il fatto che sia stata creata in modo magistrale, con realismo e grandi capacità narrative e per questo motivo promuovo tutto di questo libro.
Per il resto c’è davvero poco da dire, non si può capire molto altro se non con la lettura stessa e proprio per questo vi invito ad esplorare queste pagine e a dire la vostra.
Nel frattempo io vi auguro buona giornata e buon fine settimana, lettori!
Alla prossima!


-Liù

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