mercoledì 26 settembre 2018

Mai giudicare un libro dal suo film... e viceversa - L'amore ai tempi del colera



ATTENZIONE!
Avvisiamo i nostri gentili lettori che questa rubrica conterrà spoiler sia sui libri che sui film che verranno trattati. Inoltre ci teniamo a sottolineare che non è una battaglia in cui uno dei due mezzi comunicativi vince sull’altro, ma è un confronto degli aspetti positivi e negativi di ciascuno per cercare di capire se l’adattamento cinematografico ha trasmesso l’idea originaria dell’autore o se invece se ne è discostato per raccontare qualcosa d’altro. Non parliamo di meglio o peggio ma di un confronto alla pari tra due canali comunicativi differenti.

Buon giorno, cari lettori e cinefili.
Che non si potesse rendere abbastanza l’idea dell’opera originaria in nessun altro modo e con nessun altro mezzo esistente al mondo eccetto attraverso la sapiente penna di Marquez, io già lo sapevo prima, ma un po’ per sfizio e un po’ per curiosità, ho deciso lo stesso di guardare “L’amore ai tempi del colera”, il fedelissimo film tratto dall’omonimo romanzo di Gabriel Garcia Marquez che tanto mi aveva colpito nella lettura qualche anno fa.
Probabilmente il fatto che non mi aspettassi molto, o comunque sempre meno di ciò che l’autore era stato capace di raccontare tra le pagine, mi ha in larga parte aiutato a giudicare questo film più positivamente che in negativo.
Oggi scrivo per parlarvi di questa meravigliosa storia d’amore, della quale non mi stanco mai di raccontare, in qualsiasi forma e in qualsiasi occasione.
Quindi basta cianciare e parto subito.
IL LIBRO
Per chi non conoscesse, o non avesse mai letto “L’amore ai tempi del colera”, vi rimando a una delle primissime recensioni con cui mi sono cimentata in questo blog.

https://ilcaratteremobile.blogspot.com/2015/10/letteratura-internazionale-capitolo-2.html#more

Come ho già detto, le vicende ruotanti attorno alla storia d’amore di Florentino Ariza per Fermina Daza, mi avevano colpito moltissimo.
Non avevo mai letto nulla di Marquez prima di questo romanzo ed ero stata felice di trovare un autore che fosse così capace nel raccontare un argomento molto inflazionato come l’amore.
Troppo spesso mi sono trovata davanti a pagine di ovvietà su questo tema, intervallate da cadute di stile difficili da dimenticare.
Marquez ha una penna delicata e leggera, ma comunque precisa e anche se non so come ci riesce, contemporaneamente sa essere anche greve. L’amore ti da le ali, giusto? E più è profondo, tanto più è in grado di portarti ad alta quota. Marquez comunica tutto questo.
Non dimentica di raccontare le piccole cose che fanno la differenza, soprattutto se la storia che si racconta è una storia di affetto e passione.
Le dinamiche dei rapporti intrapersonali sono veritiere, come è veritiero lo scenario in cui i personaggi si muovono, tanto che, come ho già avuto occasione di dire a proposito di questo scrittore, quasi si riesce a sentire gli odori che descrive.
I mondi scritti da Marquez sono vividi, reali, da poterli quasi toccare e sentire sulla propria pelle. Così sono le sue creature, i suoi personaggi con mondi interiori complessi e appassionati, forti nei loro sentimenti e testardi nelle loro scelte. Ciò che sentono le persone comuni, nelle psicologie dei personaggi di Marquez viene raddoppiato e scava voragini anche nel corpo fisico; tanto che l’amore è una sofferenza talmente forte che arriva a rassomigliare al colera.
Non ho punti negativi per il libro, anzi! L’ho più volte consigliato in sostituzione a “Cinquanta sfumature di grigio”, anche se non so se sono stata effettivamente ascoltata. Quel che è certo è che, in quel caso, ci hanno decisamente perso loro e non poco!

IL FILM
Alla regia troviamo Mike Newell. “Quattro matrimoni e un funerale”, “Harry Potter e il calice di fuoco” e il recentissimo “Il club del libro e della torta di bucce di patata di Guernsey” portano la stessa firma; giusto per dirne altri tre dello stesso regista.
Lo stile, declinato all’occorrenza, è quello per tutti i suoi film, almeno quelli che ho visto. Non saprei in che altro modo definirlo se non molto vivido e concreto.
Nel mio modo profano di guardare alla cinematografia (i veri esperti non me ne vogliano), lo associo molto a Joe Wright, colui che ha reso Keira Knightley una prodigiosa Elisabeth Bennet prima e Anna Karenina poi, facendola passare anche per una giovane e tremendamente sfortunata innamorata in “Espiazione”.
Troppi nomi, me ne rendo conto, ma servono a rendere l’idea.
Newell è uno di quei registi che tenta di coinvolgere molto il suo spettatore e per quel poco che lo conosco cerca di renderlo partecipe della scena. Ogni comparsa, ogni minimo rumore in sottofondo diventa importante e contribuisce a dar vita a tutto, facendo la differenza tra realismo e non.
Javier Bardem era forse l’attore più ovvio da scegliere, mentre Giovanna Mezzogiorno non me la sarei mai aspettata. Tuttavia sulla scelta degli attori principali avrei tanto da dire e mi conservo per il paragrafo successivo. Iniziamo con le note dolenti, signori.

IL CONFRONTO
Sono convinta che questo fosse un film che avesse bisogno di tanto realismo, dove la scena fosse importante quanto i personaggi stessi e sotto questo punto di vista la scelta è stata ottima.
Mike Newell ha colto molto bene la vividezza di cui parlo poche righe più su.
I caraibi e il periodo a cavallo fra i due secoli vengono mostrati in tutta la loro ricchezza. Dalla vegetazione locale alla grande varietà di visi; etnie, ricchi e poveri, delinquenti e timorati di Dio, che si mischiano e si confondono sfumando i confini.
Forse avrei gradito una sfumatura favolistica in più, leggera e non invadente, ma è una piccolezza.
Non ho particolarmente apprezzato, invece, la scelta degli attori. Javier Bardem è sicuramente un bravo attore, ma mi ero immaginata Florentino Ariza in modo completamente diverso; uno specifico aspetto fisico ben descritto da Marquez, che ovviamente non lascia niente al caso e regala ai suoi personaggi caratteristiche fisiche che rispecchiano le personalità interne. Per questo “L’amore ai tempi del colera” è stato un di quei rari casi in cui mi sono soffermata maggiormente sull’aspetto fisico e sul fatto che non venisse tradita o meno l’essenza delle descrizioni del romanzo. E qui, ahimè, ho decisamente avuto da ridire. L’aspetto dei tre personaggi principali, Florentino, Fermina e Urbino, è importante per la costruzione del personaggio stesso e dice molto di lui, perché è attraverso di esso che conosciamo il loro carattere.
Urbino lo immaginavo come un giovanotto prestante e invidiabile, dal bell’aspetto e dallo sguardo vispo. Forse Benjamin Bratt, seppur con riserva, può starci in questo ruolo, ma a proposito degli altri due non sono stata convinta neanche un po’, tanto più della Mezzogiorno che al contrario di Bardem neanche mi piace come attrice.
Lui lo immaginavo molto magro ed emaciato, esattamente come il becchino che viene descritto nel romanzo e lei con lineamenti molto più dolci e con colori molto più scuri; da vera bellezza mediterranea quale dovrebbe essere la famosa dea incoronata.
Nel mio cast ideale sono presenti Tom Hiddelston, anche se non renderebbe giustizia al suo bell’aspetto e Natalie Portman, il cui viso sembra fatto con squadra e compasso da quanto è ben equilibrato in ogni parte.
Inoltre, il fatto che il personaggio di Leona Cassiani sia stato tranquillamente surclassato lo prenderò come un affronto personale e imperdonabile. Io ho adorato Leona Cassiani e non potete eliminarla dalla pellicola solo per non rischiare che lo spettatore giudichi poco sincero l’amore che prova per Florentino per Fermina, chiaro?
La cosa che posso approvare, semmai, nelle dinamiche tra personaggi è quella di aver trasmesso l’idea che Fermina avesse sinceramente amato suo marito e che da esso, in qualche modo, fosse stata comunque ricambiata. Mi era sembrato di cogliere quest’aspetto anche nel libro e sono stata felice di ritrovarlo anche nel film, a testimonianza del fatto che l’autore non volesse raccontare di un matrimonio finto, ma di una coppia reale per quanto imperfetta e piena di difficoltà.
Nel complesso posso dire che in questo film sono più gli aspetti positivi che negativi.
So per certo che non finirà mai di convincermi, perché Marquez ha decisamente reso di più l’idea. Il grosso del lavoro, diciamolo, l’ha fatto lui. Il film è bello perché è bella la storia e si è potuti vivere molto di rendita.
Non voglio di certo sminuire la troupe (che seguirà sicuramente il nostro blog), quanto piuttosto rendere giustizia a un mostro della letteratura qual era Gabriel Garcia Marquez, che come artista non credo potrà facilmente essere eguagliato.
Spero di essermi espressa chiaramente e di avervi regalato una lettura piacevole.
Se avete voglia fatemi sapere cosa ne pensate.
Io vi saluto e vi auguro buona giornata.
Alla prossima, lettori!


-Liù

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