mercoledì 24 gennaio 2018

Mai giudicare un libro dal suo film... e viceversa! - Wonder


ATTENZIONE!

Avvisiamo i nostri gentili lettori che questa rubrica conterrà spoiler sia sui libri che sui film che verranno trattati. Inoltre ci teniamo a sottolineare che non è una battaglia in cui uno dei due mezzi comunicativi vince sull’altro, ma è un confronto degli aspetti positivi e negativi di ciascuno per cercare di capire se l’adattamento cinematografico ha trasmesso l’idea originaria dell’autore o se invece se ne è discostato per raccontare qualcosa d’altro. Non parliamo di meglio o peggio ma di un confronto alla pari tra due canali comunicativi differenti.

Buongiorno.
Oggi primo appuntamento con questa nuova rubrica. Come avevamo già accennato nel Post pubblicato il 27 di dicembre in cui avevamo parlato della differenza tra i libri ed i film che parlano del Natale.

Partiamo oggi con un confronto tra il libro di R. J. Palacio “Wonder” e l’omonimo adattamento cinematografico di Stephen Chbosky, nuovissimo, nelle sale a fine dicembre 2017. Dovete sapere che mia madre ha una grande passione per Julia Roberts che in questo film interpreta la madre di Auggie, io avevo letto il libro ed in previsione di questa nuova rubrica non abbiamo potuto fare a meno di andare al cinema.
La recensione del libro è già presente sul Blog, quindi vi consiglio di andarla a leggere, ma anche qui vi lascio le impressioni principali.

IL LIBRO
Il racconto è molto emozionante perché narra l’ingresso alla scuola media di August Pullman, un bambino affetto dalla sindrome di Treacher Collins, e dunque presenta una deformazione facciale. Nonostante le problematiche che i protagonisti, Auggie e la sua famiglia, si trovano ad affrontare non risulta comunque un libro pesante e questo secondo me è uno degli aspetti migliori di questo libro. Rispecchia infatti la possibilità di vivere una vita felice anche di fronte alle difficoltà, che in questo caso riguardano la malattia e l’aspetto fisico, ma si può adattare a qualsiasi problema anche non necessariamente medico. Le difficoltà esistono e saranno sempre presenti in misura maggiore o minore ma questo non deve prescindere la possibilità di essere felici.
Il racconto viene sviluppato principalmente attraverso gli occhi del protagonista, ma poi la parola passa anche ad altri personaggi, come Via, sua sorella. Questo libro ci fa capire come ciò che viene considerato normale è in realtà soggettivo: ciò che risulta essere la normalità per me può non esserlo per qualcun altro e questo perché la costruzione di ciò che è normale si crea con il tempo.
Vengono inoltre approfonditi alcuni altri personaggi, come la sorella, e questo viene fatto molto bene, perché è possibile immedesimarsi in una ragazza adolescente con un fratello con problemi non indifferenti che si è messa da parte per amore della propria famiglia ma che allo stesso tempo soffre di questa solitudine.
Tutti vengono mostrati come “umani” e non sono personaggi stereotipati, per esempio il classico bullo irrecuperabile che viene poi lasciato solo, o l’amica adolescente che diventa la reginetta del ballo e ignora chi non è al suo stesso “livello”. C’è una spiegazione dietro a qualsiasi comportamento, basta solo prendersi del tempo per capire le motivazioni che sono alla base, per poter sistemare le cose. Chiaramente non è sempre così semplice, però questo è sicuramente il primo passo da fare per cambiare le cose.

IL FILM
L’adattamento cinematografico del libro è stato anche questo molto emozionante. Gli attori sono stati molto bravi, tutti sono riusciti a rendere bene l’essenza dei protagonisti, in particolare Julia Roberts, Izabela Vidovic (che ha interpretato la sorella) e Noah Jupe (che interpreta l’amico di Auggie). Menzione speciale per Mandy Patinkin, il meraviglioso Inigo Montoya de “La storia fantastica” o per gli appassionati del Crime, Jason Gideon di “Criminal minds”. Per me lui è un attore fantastico soprattutto in questo genere di parti: in Wonder recita la parte del preside.
Il racconto è stato un po’ riadattato per lo schermo e questo è normale, in quanto sono due canali comunicativi differenti e pensare di rappresentare un libro nella sua interezza è praticamente impossibile, ci si troverebbe di fronte ad un film di dodici ore, un po’ troppo pesante. Ho trovato però che i pezzi che sono stati riadattati fossero molto funzionali alla trama in generale e alla fluidità della storia sul grande schermo. Sono stati infatti ripresi i momenti fondamentali e alcuni personaggi sono stati leggermente riadattati.
Uno dei punti a favore del film è il supporto dell’immagine, e anche se i protagonisti non erano stati immaginati esattamente con le fattezze di questi attori, diversamente da altri riadattamenti, non l’ho trovato così disturbante.
I personaggi sono molto realistici e non sono come nei classici Disney, cartoni o film, dove il cattivo è sempre solo cattivo o il buono non commette mai azioni negative. Nella realtà tutti coesistiamo con sbagli e la nostra bontà si intreccia con azioni non cattive, ma nemmeno buone. E il film passa proprio questa realtà che ho trovato molto azzeccata e positiva, nonostante il tema sia potenzialmente pesante.
Un ulteriore elemento positivo è che questo film ha trasmesso l’importanza della possibilità nella scena finale in cui si vede per l’ultima volta Julian, il bulletto. È nell’ufficio del preside con i genitori e viene sospeso per due giorni a causa dei comportamenti tenuti nei confronti di Auggie. I genitori si ostinano prima a prendersi la colpa, poi a giustificare il figlio e colpevolizzare la vittima ed infine lo portano via con l’intenzione di mandarlo in un’altra scuola l’anno successivo. Julian piange dicendo che preferirebbe stare lì e chiede scusa al preside manifestando un reale pentimento. Portandolo via i genitori, pur pensando di proteggere il figlio, lo stanno privando della possibilità di “redimersi” e di migliorare come persona e come amico. Purtroppo questa è l’immagine che ci si trova di fronte un po’ troppo spesso quando si ha a che fare con i genitori moderni.

CONFRONTO
Seppur con qualche differenza li ho trovati entrambi molto belli e molto emozionanti. In entrambi i casi la profondità e l’umanità dei personaggi sono state trasmesse anche se in modi differenti. L’unico personaggio ad essere stato modificato un po’ di più è Julian, perché è stato reso un po’ più bullo nel film; nel libro era quello un po’ più ostile ma non ha fatto effettivamente tutto quello che è stato riportato nel film. E non ricordo nemmeno della sospensione, ma è passato un po’ di tempo da quando l’ho letto e potrebbe essermi sfuggito dalla memoria.
Inoltre Jack, l’amico nel libro si chiama Christopher, ma sono sottigliezze che nulla tolgono al suo personaggio.
La storia è scorrevole in entrambi i casi, ma un aspetto che ho apprezzato molto nel film è il supporto delle immagini soprattutto per quanto riguarda Auggie. La sua sindrome non è molto comune, anzi, quindi quando ho letto il libro sono dovuta andare su Google a cercare qualche immagine per avere un’idea più chiara di che tipo di deformazione facciale si stesse parlando. Nel film chiaramente, è molto più immediato.
Sono entrambi bellissimi e consigliatissimi. Forse il fatto che l’autrice sia anche uno dei produttori esecutivi ha avuto un ruolo in questo.
August fa un commento dicendo che nella vita tutti quanti dovremmo ricevere almeno una standing ovation. Io dico che tutti i bambini del mondo meriterebbero di avere un preside come il signor Tushman.  
Alla prossima!
-Pearl

Nessun commento:

Posta un commento