mercoledì 10 ottobre 2018

Cara Emmeline - Memorie di una ragazza perbene


Buongiorno a tutti!
Eccoci alla nostra rubrica mensile, “Cara Emmeline”, che si interroga sulla questione femminista, o più precisamente sulla questione “femminismo – libri”.
Settimana ricca, al Carattere mobile e tanto meglio così, dico io. Quasi ogni giorno posso parlare delle cose che mi interessano, in modalità che conosco, nell’amato e tanto desiderato clima autunnale, magari davanti a una tisana fumante. Non potrei chiedere di meglio.
Quindi perché non accompagnarci con un’autrice straordinaria, intellettuale, femminista, che senza dubbio ha saputo il fatto suo e che soprattutto l’ha saputo esprimere molto bene? Si, sto parlando dell’unica e sola Simone De Beauvoir e del suo “Memorie di una ragazza per bene”.
Questo libro costituisce solamente la prima parte di una lunga autobiografia suddivisa in quattro volumi, tra i quali a seguire potremo trovare: “L’età forte”, “La forza delle cose” e “A conti fatti”.
Simone De Beauvoir è nata senza dubbio privilegiata: europea, benestante, intelligente e con la possibilità di protrarre i suoi studi fino ad affinare le sue doti dialettiche e narrative.
“Memorie di una ragazza per bene”, come di fatto suggerisce lo stesso titolo, è appunto la narrazione dei suoi primi anni, infanzia e adolescenza traghettanti verso l’età adulta e l’indipendenza successiva; un’indipendenza di certo non scontata.
Non è un libro prepotentemente femminista, nel senso che tale componente non può essere certo definita come il principale argomento, sebbene io credo che possa considerarsi un ingrediente base presente in ogni riga, sotteso o palesato che sia.
Non siamo certo davanti a “Il secondo sesso”, ben intenzionato, ad ogni frase, nel dichiarare la sua presa di posizione. Tuttavia, leggendo questa prima autobiografia, si ha la certezza che un certo spirito rivoluzionario, tendente alla difesa della parità tra i sessi, abbia permeato la mente di una giovane Simone De Beauvoir pronta a muoversi in uno degli ambienti più dogmatici che esistano, il ceto sociale più osservante e asservente allo status quo: la borghesia.
La famiglia De Beauvoir, come si evince dallo stesso libro, è una famiglia profondamente borghese, prima ancora nella mentalità che nel portafogli e tutto nella vita della bambina Simone promette un idilliaco futuro da donna “per bene”, credente e perfetta come moglie e madre. Ma le radiose aspettative non hanno fatto i conti con Parigi, soprattutto con la Parigi della prima metà del ventesimo secolo, dove l’esercito dei nuovi impavidi intellettuali senza più morale, né principi, fanno a pezzi istituzioni e pilastri della società con una facilità disarmante. La fede, la famiglia, il matrimonio. Fondamenta credute solide e che Simone, come tanti francesi della sua generazione sbriciola tra le mani, sotto la spinta di un razionalismo e di un cinismo forti, maturati nelle aule della Sorbona, tra un filosofo antico e un compagno di corso politicizzato.
Centrale in questo discorso è il trionfo della ragione, che in alcuni casi porta all’autodistruzione, al rischio, alla scoperta impavida dei cafè della capitale e di esistenze dissolute che osano sporgersi oltre lo strapiombo per vedere la voragine; una voragine che spesso ha divorato Simone De Beauvoir e che altrettanto frequentemente l’ha fatta cadere nella disperazione più nera. Ma ormai questa giovane ragazza per bene ha aperto gli occhi e scoperto le atrocità della vita, fuori dalla precedente esistenza ovattata. Ha aperto gli occhi e non può più tornare indietro, alle menzogne che conosceva e alle quali si affidava.
Un percorso doloroso di crescita e solitudine ha così inizio, e Simone si ritrova molto spesso in compagnia di uomini più che di donne, a constatare quando il suo modo di ragionare e la sua visione del mondo sia più affine all’altro sesso che al proprio, troppo spesso fermo alle frivolezze inculcate dalle famiglie e interiorizzate dalle figlie.
Simone smette di credere, diventa atea, con tutto il senso di perdizione che questa scelta comporta, soprattutto in giovane età.
Simone prende decisioni per il suo futuro e soprattutto non permette a nessuno di ostacolarla. Nemmeno ai suoi genitori. Sceglie per la sua vita professionale e sceglie per la sua vita sentimentale e anni dopo ci ha regalato non solo il suo percorso di vita trasformato in un libro maniacalmente dettagliato, ma ci racconta anche un impagabile spaccato della Parigi dell’epoca, vivido e preciso; da poterlo immaginare con fin troppa facilità.
“Memorie di una ragazza per bene” va sicuramente letto, letto da femministi e da chi ancora non lo è, per far si che lo diventi con convinzioni solide.
Non è un romanzo “aggressivo”, se così si può dire; non obbliga cioè ad un punto di vista, ma pone domande, infinite e importanti domande e questo a mio avviso è decisamente meglio del regalare risposte.
Non vi mentirò, è decisamente lento. È ultra lento! Ma fidatevi, ne vale la pena e non rimarrete di certo delusi.
Alla prossima, lettori!


-Liù

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