lunedì 8 ottobre 2018

Zitti tutti, parla Zucca! - I cinque autori americani da leggere prima di andare in America





Miao a tutti, umani.
Oggi è venuta a trovarmi la mia cugina canadese, Funny Kitty-Cat Trudeau. Si, Funny è una gatta altolocata, per di più con un sacco di puzza sotto i baffi e no, non è morta. Non vengono a farmi visita solo umani morti, che credevate? Anche i gatti vivi apprezzano la mia compagnia.
Ad ogni modo, come dicevo, Funny è una gatta molto snob, che se la tira un sacco perché può permettersi di viaggiare in ogni luogo della terra e in ogni momento, visto che è la gatta di un diplomatico.

Anche se risulta spesso saccente, è un bene quando mi viene a trovare. Prima di tutto lo fa una volta ogni cinque vite, quindi ho il tempo di riprendermi dai suoi atteggiamenti altezzosi… Ovviamente se, quando è qui, resisto alla tentazione di buttarla da un dirupo. È cosa difficile da fare, ma è un rischio che sono disposto a correre. Secondariamente, la maggior parte delle cose che ha da ridire sono riferite ai suoi vicini di casa meridionali: gli americani degli Stati Uniti d’America e su questo spesso ci troviamo d’accordo.
Sorseggiando un cognac e stuzzicandoci il palato con delle alici di prima qualità, passiamo le ore a catalogare tutte quelle cose fastidiose, volgari e senza senso che sono considerate caratteristiche proprie degli U.S.A., come per esempio “Jackass”… O il giorno dell’indipendenza: roba da proletariato, vanità da servitù della gleba. E poi ogni gatto di buon senso sa che gli umani sono sempre e comunque la “servitù della gleba” felina.
Ad ogni modo, proprio perché Funny crede sempre di essere il meglio del meglio dell’ultra meglio – e io che sono davvero il meglio del meglio dell’ultra meglio glie lo lascio credere – non riesce mai a vedere le cose obiettivamente. È obiettivamente chiaro che voi esseri umani siete un branco di pecoroni incartapecoriti e anche un po’ fessi a prescindere dall’area geografica in cui nascete e crescete.
Vi siete ostinati a dividere il mondo in sezioni senza nessunissimo criterio, o buon senso.
Fino a non molto tempo fa dividevate il mondo in America e comunisti, valutate un po’ voi il vostro grado di razionalità. Ma la guerra fredda è finita, cari miei. E a questo proposito Funny manco sa di cosa sto parlando, visto che anche lei è un’ignorante nonostante si creda il padre eterno. Io ve lo dico, o nel giro di ventiquattr’ore ritorna da dov’è arrivata, o questa volta finisce davvero male.
Così, per resistere all’impulso di linciarla coi miei artigli, ho cercato di renderla edotta, in qualche modo. Ho provato a dirle che esistono degli scrittori americani, che hanno fatto dei loro romanzi un vero e proprio elogio alla bandiera a stelle e strisce, che non sono poi così male e che converrebbe a tutti leggere di loro prima di affrontare un viaggio negli Stati Uniti. Così, nel suddetto ipotetico viaggio, mentre i cittadini locali cercheranno di convincerti che la pena di morte è segno di civiltà, potrai sempre ricordare a te stesso: “Beh dai, c’è Harper Lee, forse non è comunque tutto perduto”.
Sostanzialmente sono riuscito ad individuare cinque autori americani dei quali bisogna assolutamente leggere qualcosa prima di partire per un viaggio in U.S.A.
1- Francis Scott Fitzgerald.
Del caro e buon vecchio Fran e dei big party che ci facciamo ho già parlato a sufficienza. Tuttavia è importante sottolineare il fatto che non esiste nessuno al mondo che abbia raccontato meglio di lui il vero sogno americano. “Il grande Gatsby” è sicuramente il suo capolavoro, ma non è l’unica opera degna di nota.
Si consiglia anche “Tenera è la notte” e “Racconti dell’età del jazz”;
2- Charles Bukowski.
Vi ho parlato anche di Charlie, insieme al numero uno di questa lista. Da qui avrete già capito che l’America, insieme ad altre cose, è un paese di eccessi. Laddove troviamo un puritanesimo finto che potrebbe farvi stomacare come non mai, potremmo trovare anche un Bukowski pronto a demolirlo per mostrare il mondo reale al di là delle convenzioni sociali e dei dogmi morali.
La Beat Generation è stata fondamentale per la letteratura americana e se volete cavalcare sulla famosa Route 66 in cerca di avventura e libertà, non potrete fare a meno di leggere almeno un paio dei suoi dissoluti romanzi, prima di partire. Vi concedo anche “On the road”, di Jack Kerouac, altro importantissimo membro della stessa corrente letteraria;
3- Donna Tartt.
La decadente e scintillante realtà americana, in tutta la sua contraddizione, viene espressa benissimo da questa scrittrice. È di certo obbligatorio inserire la Tartt in questa lista, in particolar modo per chi è in rotta verso New York, con la sua arte, la sua cultura, e il vibrante carattere di una città sempre viva.
Andiamo: persino questo blog è riuscito a recensire “Il piccolo amico” e “Il cardellino”, potete farcela anche voi;
4- Philip Roth.
Questo premio Pulitzer ci si infila da solo, nella lista e non potrebbe essere altrimenti. D’altra parte non ci si potrebbe aspettare niente di meno da colui che ha scritto “Pastorale americana”; un’opera colossale capace di immergerci nelle lotte sociali americane della seconda metà del Novecento, con la guerra in Vietnam più vicina di quanto si potesse pensare e un attivismo aggressivo, prepotente, radicale che ha letteralmente fatto saltare in aria il paese. Leggere Roth aiuta anche a capire l’America attuale, l’eredità che si è trascinata fino ai giorni nostri;
5- Truman Capote.
A forza di promuovere i libri letti dalle due impedite che gestiscono questo blog me ne pentirò, ma non posso non citare “Colazione da Tiffany” e soprattutto il suo autore, che ha fatto la storia degli Stati Uniti e più in generale del mondo occidentale.
Romanzi, racconti e opere teatrali di Capote sono serviti da ispirazione per almeno una ventina di film e probabilmente per altrettanti episodi di serie tv. Il suo capolavoro “A sangue freddo” viene definito dallo stesso scrittore come “un romanzo verità”, mostrando al mondo uno stile da reportage giornalistico fresco ed efficace per la narrazione.
È senz’altro un autore da leggere prima di mettere anche solo una zampa su suolo americano. Non sto scherzando, quelli vi arrestano se andate da loro senza averlo letto, vi mettono nella stessa cella di Michael Scofield e buttano la chiave.
Ne ho citati cinque, ma ce ne sarebbero molti altri: Paul Auster, ho già detto di Harper Lee… Stephenie Meyer… Ok su di lei scherzo, non storcete il naso: fa parte della vostra specie, non della mia. Anche io so scherzare, smettetela di attribuirmi un carattere che non possiedo.
Comunque Funny non si è convinta e ha anche ribadito che dico quel che dico solo perché ho dei parenti immigrati finiti a Ellis Island e a detta sua sono “il versante meno nobile della famiglia”. Gesù, prima o poi strangolerò il suo umano e glie lo metterò nella ciotola del cibo in forma di crocchetta, così riderò io alla fine.
Almeno voi, pecoroni umani, avete tratto giovamento dal mio intervento, o mi piace sperare che sia così, invece di avere la certezza di aver sprecato fiato ancora per l’ennesima volta.
Ho fatto il mio dovere, è ora che porti a termine anche le altre attività per cui sono stato accolto in questa prigione/casa: farmi le unghie sul divano, distruggere la cucina e far ricadere la colpa sul cane, posizionare il mio grosso fondoschiena davanti allo schermo mentre gli umani di questa famiglia cercano di guardare un film… Ben detto: cercano.
Zucca 🐾


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