venerdì 2 marzo 2018

Libri per ragazzi - Capitolo 8



Buondì miei cari figliuoli!
Pronti a rituffarvi nella Berlino post-disastro ambientale di Fabio Geda e Marco Magnone?
Di questo quinto volume, “Il richiamo dell’Havel”, ne ho parlato tantissimo, direttamente e indirettamente ed ora eccoci qui col penultimo capitolo di questa saga dal dietro le quinte decisamente italiane, nonostante l’immagine crucca quasi quanto l’Oktoberfest.


Forse dovrebbero essere i berlinesi stessi, o i brandeburghesi stessi, o i tedeschi stessi (insomma avete capito) a dirci se ci abbiamo azzeccato, o se invece ambientazioni e personaggi creati da questi due scrittori made in Belpaese risultano troppo maccheronici.
Del resto noi siamo quelli che volevano vendere i film western agli americani: cose talmente assurde da funzionare. In ogni caso, io mi limito a dare un giudizio in merito a ciò che i miei occhi hanno letto e a ciò che io personalmente ho potuto osservare. E quanto segue è esattamente, né più né meno, espressione di ciò.
Riprendiamo così: sulle rive dell’Havel, dove avevamo lasciato i nostri ragazzi l’ultima volta.
Nel cuore del Brandeburgo, il grosso del gruppo partito in missione imbocca la via di casa, mentre Jakob e Büchner Due si separano dagli altri, determinati più che mai a ritrovare Bernd, colpito da una pallottola nemica e finito in acqua. A questo proposito niente spoiler, ma non vi risparmierò dal dirvi cosa ho pensato prima di iniziare a leggere il primo capitolo e cioè: “Se non me lo uccidono per eccesso di buonismo, o ancor peggio, fingono che sia morto e poi lo resuscitano magicamente senza uno straccio di spiegazione logica plausibile, faccio una strage!”.
È andata come speravo? Chi lo sa? Ma in ogni caso non cambia nulla: che brutta scelta nello sviluppare questo fatto, ragazzi! Non mi è piaciuto per niente. A prescindere da cosa speravo, o non speravo io prima di aprire il libro, quando mi sono ritrovata a leggere di Bernd ho capito che l’importante non era tanto il fatto che vivesse, o morisse, ma quello che si sarebbe deciso di architettarci attorno. Tralasciando il fatto che secondo me è ancora una questione aperta e che si risolverà totalmente nell’ultimo libro della saga non ancora uscito (mi dispiace, ma gli autori non me la raccontano giusta), io la dipartita, o la quasi tale, di Bernd la vedevo come un’enorme, colossale occasione per parlare di emozioni e per andare veramente a fondo, ancora di più rispetto a ciò che era stato fatto fin’ ora. Jakob si troverebbe ipoteticamente ad affrontare un gigantesco lutto, che a differenza di quelli precedenti, sarebbe sicuramente più sentito, perché Bernd è il suo migliore amico e perché sarebbe una morte inaspettata, non provocata dal virus di cui tutti ormai conoscono il comportamento, ma dall’uomo e quel che è peggio, da uomini adulti.
Ci sarebbero così tante pagine da scrivere su questo! Un ragazzo che va alla ricerca del corpo del suo migliore amico per seppellirlo, un viaggio e un percorso nell’elaborazione di un lutto che porta con sé molto altro: la delusione delle aspettative nei confronti delle figure adulte, il crollo emotivo impossibile da arginare di chi per più di tre anni vive in un mondo distrutto dove la civiltà è soltanto un’ombra del passato, il senso di solitudine, il vuoto incolmabile, la rabbia portata dalla consapevolezza che non c’è sempre una soluzione a tutto e che semplicemente la vita è crudele. Insomma, io mi aspettavo un grande viaggio interiore, o nella peggiore delle ipotesi, un ritrovamento di un Bernd ancora vivente e palpitante che si sarebbe rimesso presto. Invece, mio malgrado, devo amaramente ammettere che la vita in pericolo del personaggio è risultata solo un pretesto per permettere a Jakob di allearsi con un medico adulto, intenzionato a sconfiggere il virus. Tutto ciò per far si che il medicuccio da strapazzo capitasse a Berlino ovest e scombussolasse un po’ gli equilibri pre-esistenti. Canestro mancato, mi spiace! La palla ha oscillato intorno al bordo e poi è caduta tragicamente fuori.
Se ci sono pianti e strappate di capelli sono comunque meno di quanto mi aspettassi e decisamente più superficiali di quanto sarebbero potuti essere. Se si tira un sospiro di sollievo per la ripresa del caro ragazzo a rischio vita, si finisce per lo sbuffare, annoiati e seccati, perché comunque i trucchi di questo gioco di prestigio si vedono eccome. Con questo voglio proprio dire che, morte o non morte, a me è sembrata una parte abbastanza macchinosa e decisamente poco fluida, che resta troppo in superfice invece di esplorare gli abissi emotivi del protagonista Jakob, troppo giovane per avere le spalle grandi ed essere in grado di sopportare tutto ciò che gli è capitato nella sua vita.
Una sorta di crollo di Jakob, però, bisogna ammettere che c’è, dal momento che nei capitoli successivi prende la straordinaria abitudine di comportarsi da completo cazzone. Tuttavia, la cosa non prende nemmeno qui la piega che mi aspettavo. È arrabbiato e collerico, si, ma sembra che lo sia unicamente perché Christa ha preferito il bello e dannato a lui, o perché è semplicemente un “periodo no”. Ma io il “periodo no” ce l’ho quando ho fatto un errore sul lavoro, quando mi becco una multa, o un influenza. Non ho “periodi no” quando sparano al mio migliore amico! Quello non si chiama: “periodo no”, quello si chiama con bestemmie e parolacce.
Perché ho percepito questo? Perché non ho saputo sentire oltre? Questo non lo so nemmeno io.
Se Jakob rimane deluso da tutto, schifato dalla vita e compie questo percorso doloroso e necessario per crescere e diventare adulto, ma che ha tutta l’aria di non finire mai, di essere soltanto un enorme buco nero senza vie d’uscita e senza fine; se il personaggio di Jakob è davvero in questa fase della sua vita, scaturita o meno da una morte o da altri fatti, allora che resti così sempre, che sia coerente con sé stesso. Ma no. Un ragazzo adolescente perso e disperato è ciò che io avrei voluto leggere, non ciò che ho effettivamente letto. Lo dimostra il fatto che, incontrando la psicopatica Wolfrun e trovandola in una brutta situazione, Jakob cerca di difenderla tirando fuori discorsi pieni di speranza e maturità.
Ho usato la parola “buonismo”? Beh, riutilizziamola: buonismo! Buonismo da tutti i pori, buonismo ovunque!
Voglio dire, in un mondo distrutto e senza adulti è sicuramente più facile tendere ad atti di inciviltà collettiva, piuttosto che convincere un gruppo di ragazzini come te che la violenza e il linciaggio in pubblica piazza non sono la soluzione migliore.
Non l’ho vista come una scrittura molto onesta, sinceramente e mi dispiace ma la mia idea è abbastanza solida. Dovranno compiere qualche salto mortale, nel prossimo libro, per farmi dimenticare certe cose di questo volume.
Diamo, però, a Cesare ciò che è di Cesare. Pensavate che partissi a razzo e non mi fermassi più dallo sputare veleno, eh? E invece “Il richiamo dell’Havel” ha il suo merito.
Cominciamo, comunque, con l’osservare che tanti lati negativi sopra descritti “Berlin” li ha sempre avuti e non sono di certo una novità. L’ho detto e ribadito più volte: grandi spiegoni, semplificazione al massimo, tanti fatti telefonati, buonismo dilagante. Queste sono caratteristiche proprie della saga e il numero cinque non abbassa di certo lo standard; se mai lo stabilizza sempre allo stesso livello.
Ottima anche una seconda stabilizzazione, se non addirittura un vero e proprio miglioramento, questa volta dovuto al personaggio di Claudia, che da quando ha iniziato la sua personale scalata verso il potere non si è più fermata e l’evoluzione del suo personaggio non perde mai di consistenza. Brava Claudia nella sua assoluta e totalitaria crudeltà! Un personaggio piuttosto inquietante e che suscita rabbia. Questo mi piace. Il fatto che Claudia si possa definire “bidimensionale” non è affatto un dato negativo, quanto piuttosto una sua propria mancanza, totalmente voluta, cioè un’incapacità ad andare oltre, un'incapacità all’empatia. Vogliamo parlare del fatto che è una delle poche ragazze presenti negli young adult veramente crudeli, che ha fatto sentire il suo ex, Timo, usato e sfruttato, gettato via come carta straccia? Non so voi, ma io promuovo a pieni voti. La caratterizzazione del personaggio, non le azioni in sé e per sé, sia chiaro.
Inoltre mi ricollego a Claudia per parlare anche dello pseudo-simbolismo nutrito dietro i diversi gruppi di ragazzi di Berlino ovest, che ripropongono i diversi modi di gestire il potere: Tegel è per l’anarchia, Gropius per la democrazia e ovviamente il Reichstag, insieme a Claudia, punta indiscutibilmente verso la dittatura. Un modo intelligente, l’ho sempre pensato, di spiegare le falle e i punti di forza dei diversi ordini sociali. In questo senso, ne “Il richiamo dell’Havel” non vengo affatto delusa e questo discorso risulta avere un ottimo margine di crescita.
Un altro fatto positivo, ma del tutto inutile e tremendamente frivolo è il fatto che fin dai primi capitoli mi è partita la ship. Non ridete: dall’alto dei miei ventisette anni, nel profondo del mio cuoricino, sono ancora una teenager. Mesi fa avevo osato sperare in un’accoppiata di questo tipo, senza riporvi troppe aspettative. Non che sia successo qualcosa, nel frattempo, ma anni e anni di serie tv per adolescenti in crisi ormonale, mi hanno insegnato che forse, in questo caso, posso sperare un po’ di più. Che volete che vi dica? Ho anche io i miei punti deboli!
Molto buono anche il finale aperto, che per una volta non è stato totalmente telefonato, ma solo in parte.
Insomma, io ho scritto per un bel pezzo e ora non ci resta che attendere Giugno per l’uscita di “Berlin VI”.
Nonostante tutto, continuo a promuovere questa saga e ad approvarla sugli scaffali degli adolescenti. È un ottimo modo per iniziare a sviluppare la passione per la lettura, se tale sviluppo avviene tardi, nel corso della scuola secondaria. Tuttavia, mi raccomando, non fermatevi a “Berlin”, ma andate avanti, divorate libri come fossero pane e nutella, non accontentatevi. Quando si tratta di cultura, pretendete sempre di più!
Io vi saluto, la prossima volta recensisco davvero la Pimpa e ci ritroviamo alla prossima!
Buona giornata, lettori!

-Liù

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